Cronache, Salone del libro 2021

Lorenzo Allegrini racconta il ritmo della poesia


Sole Laurenti e Noemi Ruggiero, Liceo Alfieri Torino


Nel laboratorio Gioco&Fumetto privo di classi e professori (tutte bloccate all’entrata) chiacchieriamo con Lorenzo Allegrini, giovane poeta e autore teatrale, che ci dà una personale lectio dantis sulla metrica e lo stile del grande padre della lingua italiana.
Siamo partiti dall’unità più piccola, il verso. Gli endecasillabi danteschi detti “piani”, pongono l’accento tonico sulla penultima sillaba del verso, creando un ritmo armonico all’interno del quale il poeta gioca con i suoni: aspri e duri per trasmettere al lettore la cacofonia dell’Inferno, più dolci e melodiosi per temi elevati come l’amore di Paolo e Francesca. Questi versi si incastrano tra loro nella terzina, quella che Allegrini definisce la “struttura cellulare” della metrica della Commedia.
Dal punto di vista pratico questa musicalità era necessaria come strumento mnemonico in un periodo storico ancora lontano dall’invenzione della stampa. Oggi la situazione si è ribaltata — ci racconta — la poesia scritta è più diffusa, ma ci sono ancora eventi in cui la poesia orale regna sovrana. «Conoscete i Poetry Slam?» Si tratta di un fenomeno principalmente americano, che sta però fiorendo anche nel nostro paese (come l’Atti Impuri Poetry Slam, torneo tra poeti che si tiene a Torino dal 2014). I poeti hanno tre minuti per verseggiare e incantare il pubblico, che sarà poi chiamato a giudicare l’esibizione.
Rappresentando la poesia lo 0.6% del mercato editoriale, nuovi ed emergenti autori non trovano opportunità per pubblicare e farsi spazio all’interno di un mondo che ha già i suoi grandi nomi.
Fresco dalla sesta ristampa del suo libro, Apocalisse Pop!, Allegrini ci rende partecipi del suo metodo: «I due comandamenti che io seguo nella “dottrina poetica” sono la centralità assoluta della parola e la ricerca sonora».
Nel suo libro, dal quale ci ha recitato un estratto emozionante, è chiara la sua fedeltà a queste regole.
Riprendendo il tema del viaggio all’Inferno dantesco, Allieri narra, in una vera e propria Cantica, l’improvvisa apocalisse che catapulta i vivi nel regno dei morti. In una New York infernale che richiama la città dantesca di Dite, elementi di estrema attualità come l’immigrazione e i naufragi nel Mar Mediterraneo vengono inseriti all’interno di canti il cui il metro è reso moderno nel lessico, ma rispetta ancora alla perfezione l’ispirazione dantesca e le regole della terzina incatenata.

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