Cronache, Internazionale a Ferrara tutto l'anno 2021

La rivoluzione verde


Martina Leprotti - Gaia Buono, Liceo "L. Ariosto"


Dopo un’ultima edizione definita “omeopatica” dal direttore di Internazionale Giovanni De Mauro, il festival torna a Ferrara, accogliendo come da tradizione un’ampia gamma di ospiti provenienti da quasi trenta paesi diversi. Tra green pass e mascherine, i partecipanti si districano in quella che sembra una nuova normalità, aprendo il festival con un tema ormai al centro di molti dibattiti: il cambiamento climatico. Una sede importante degli incontri è il cinema Apollo dove alle undici in punto di questa mattina è iniziato il primo dei numerosi eventi di questo weekend, La Rivoluzione Verde, con  protagonisti Liina Carr, della Confederazione europea dei sindacati, Renzo Consoli, giornalista per Askanews, Monica Frassoni, appartenente alla European alliance to save a energy e Vito Borelli della Commissione europea, con introduzione di Gianpaolo Accardo di Voxeurop.

L’ex europarlamentare dei Verdi Monica Frassoni si è dimostrata fiduciosa sul futuro del green deal, spiegando che si tratta di un pacchetto di quattordici proposte legislative che mira ad accelerare su due fronti: le energie rinnovabili e l’efficienza energetica. Cambiare direzione in ambito energetico è infatti possibile e necessario, “altrimenti o friggiamo o ci sciogliamo”. Si tratta di un lavoro democratico di grandissime proporzioni e al tempo stesso un’estenuante battaglia legislativa che vedrà scendere in campo sia i difensori più accaniti delle lobby del carbon fossile sia i giovani attivisti e difensori del clima.
Gli ambiti di interesse di queste leggi, ha aggiunto Vito Borrelli, rappresentante della commissione europea, riguardano la decarbonizzazione, l’industria, l’economia circolare, lo sviluppo sostenibile e il cambiamento di stile di vita dei singoli cittadini. Altro punto fondamentale è l’ETS (emission trading system), un sistema di quote che limita l’utilizzo delle fonti fossili a livello industriale.
Il giornalista Lorenzo Consoli, corrispondente da Bruxelles per Askanews, pensa che “questa possa essere la volta buona dopo aver visto passare numerosi progetti molto ambiziosi rivelatisi fallimentari, come quello sulla competitività economica europea del 2000, finito in fretta nel dimenticatoio. Questo a causa della mancanza di strumenti che non ha permesso di renderlo una realtà.” 

Sebbene il 93% degli europei ritenga che il climate change sia un problema grave, infatti, un radicale cambiamento nel nostro stile di vita porterà sconvolgimenti importanti principalmente nelle fasce di popolazione a reddito medio-basso, come tiene a far notare Liina Carr, giurista estone e portavoce della confederazione europea dei sindacati. Il green deal deve quindi fare suo il connubio tra il rispondere al grido della Terra e il rispondere al grido dei poveri, ricorda Borelli sulla falsariga dell’enciclica papale Laudato sii. Paradossalmente, l’attenzione alla questione verde è aumentata esponenzialmente “grazie” alla pandemia di Covid-19 e ciò ha permesso di ottenere i finanziamenti per passare alle energie rinnovabili e contrastare il vecchio ideale di Austerity che ha dominato il continente cinquant’anni fa. Consoli afferma: “Abbiamo i soldi, e dobbiamo spenderli. L’Austerity non è più la parola d’ordine dell’Unione Europea”. Probabilmente l’Europa ha agito per prima anche perché responsabile solo dell’8% delle emissioni, ma non può agire da sola.

Per parlare attraverso i numeri, parte dei fondi stanziati dall’Europa a favore delle politiche green sono contenuti nel Next Generation EU, rinominato in Italia PNRR (piano di ripresa e resilienza), e la cifra ammonta a circa 190 miliardi di euro, 25 dei quali l’Italia (seconda green economy in Europa)  ha già ricevuto durante l’estate. Il governo ha deciso che li userà su tre fronti: la mobilità e le infrastrutture, la rivoluzione digitale, l’istruzione. 

Rivoluzione Verde è dunque uno scorcio sul green deal europeo, iniziativa nata per contrastare l’inadeguatezza della risposta dei leader mondiali alla crisi climatica che si dimostra anche “una valida rampa di lancio per costruire il futuro dell’Europa”, come ha sottolineato Borelli. Punto focale della discussione è l’impegno dell’Europa nel rispettare il raggiungimento degli obiettivi posti per il 2050 per la neutralità climatica e per il 2030 come obiettivo intermedio di raggiungimento del 55% di riduzione delle emissioni di CO2 e del contenimento della temperatura globale entro il grado e mezzo definito come limite massimo prima del collasso irreversibile del nostro ecosistema. L’impegno preso dall’Europa per quanto riguarda il futuro del pianeta riflette il pensiero dei cittadini europei e i relativi traguardi storici raggiunti in questo periodo: esemplare la “vittoria” dei verdi in Germania. Più nello specifico il green deal promuove un progetto di salvaguardia internazionale che favorisca la lotta al cambiamento climatico e al tempo stesso un aiuto alle classi che maggiormente risentiranno dei radicali cambiamenti cui andiamo in contro.

La domanda rimane, però, come questi soldi vadano spesi, e come ciò colpirà i cittadini. “La Trade Union Movement”, dice Carr “ha dovuto affrontare alcuni dibattiti interni prima di raggiungere un pensiero unanime, ma rimane favorevole al green deal”. Volontà di modificare il corso degli eventi è evidente nell’obiettivo “non abbastanza ambizioso” di aumentare al 55% le emissioni in meno per il 2030 dall’iniziale 40%. Le sfide principali indicate dal sindacato ammontano a sei, la prima delle quali come il green deal avrà impatto sul mondo del lavoro, principalmente per quei lavori che entrando a contatto con la transizione verde finiranno inevitabilmente per scomparire. “Ne verranno creati di nuovi” dice Carr “ ma ciò non significa che non ci saranno diversi problemi sociali”, assieme ai cambiamenti del settore agricolo e di salvaguardia, per cui andranno adottati misure di mitigazione opportune. Inquieta anche la mancanza di certezze sulle condizioni di lavoro e la conseguente tutela dei lavoratori. Ostacolo non da poco rimaniamo “noi stessi con le nostre incertezze”, non sapendo cosa ci aspetta, ma la confederazione europea crede in una transizione sostenibile ed equa nel supporto di tutti.

“L’industria ritiene impossibile raggiungere il cambiamento in tempi così brevi perché diminuirebbe la competitività di mercato”, aggiunge Consoli. “Non tutte le industrie.” precisa Monica Frassoni. La pandemia ha modificato la mentalità di Bruxelles e l’influenza delle lobby si è fatta più flebile, permettendo agli interessi dei singoli di slittare dall’energia prodotta dai gas alle energie rinnovabili. Tra le industrie, ad esempio, una parte ha reagito positivamente al cambiamento e ha scelto il verde, utilizzando nuove tecnologie sostenibili e occupandosi della formazione dei propri lavoratori. Carr esprime maggior perplessità sulla quantità di soldi a disposizione. Infatti, anche lo stesso Just Transition Fund risulta inadeguato in partenza rispetto agli obiettivi di mitigazione
Per Monica Frassoni, i fondi devono puntare a far uscire i cittadini della fascia medio-bassa dalla loro fascia stessa . “Già all’inizio del progetto c’era l’idea di un JTF, un fondo per le regioni che hanno maggiore difficoltà a compiere una transizione verde, soprattutto nella progressiva sostituzione del fossile con l’energia rinnovabile. Questo fondo servirà in Italia ad esempio per l’Ilva di Taranto.”  Questo a sottolineare che, nonostante tutto, il clima internazionale rimane motivato e positivo.

“Vorrei non dover più sentire nel dibattito politico frasi come: c’è una difficoltà? Rimaniamo come siamo adesso. Penso che quando si parli dei costi della transizione bisogna prima di tutto parlare dei costi della non-transizione.” Proprio per questo è ormai possibile chiamarla rivoluzione.



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