Cinque giornalisti, un racconto ciascuno, un solo giudice: il pubblico.
Per la prima volta in Italia, in particolare al Festival di Internazionale 2023 a Ferrara, è stato sperimentato un nuovo format: portare sul palco le esperienze vissute in giro per il mondo dai cosiddetti “giornalisti investigativi”, in modo da condividere con gli spettatori storie di attualità, comunemente poco approfondite.
I cinque giornalisti, protagonisti dell’evento tenutosi presso il Cinema Apollo il 29 settembre 2023 alle ore 16, hanno portato la testimonianza delle loro indagini in un confronto a tu per tu con il pubblico, che alla fine dell’evento è stato chiamato a votare la storia ritenuta più emozionante.
A moderare l’incontro è stato il giornalista argentino Daniel Wizenberg con una colonna sonora curata da Laura Zanardi e Federico De Salvador del conservatorio Frescobaldi di Ferrara, che ha rappresentato un piacevole accompagnamento musicale tra una storia e l’altra.
La prima a prendere la parola è stata la giornalista francese Paloma de Dinechin, che ha raccontato “come imparare ad ascoltare i suoni dell’Amazzonia per proteggere la natura da chi vuole saccheggiarla”. L’Amazzonia, ha raccontato de Dinechin, è un luogo mistico, in cui la natura ha un’anima di una potenza affascinante e in cui la vita è rumore e la morte, il silenzio. Purtroppo, però, tra le note che compongono la musica vitale della foresta, si nascondono stonature impercettibili eppure devastanti, come il suono di una motosega. A tal proposito la giornalista ha presentato il progetto di una forma di intelligenza artificiale capace di rilevare e isolare, dalla voce della natura, i rumori prodotti da tutti quegli strumenti finalizzati a distruggere l’esistenza tanto della foresta, quanto delle popolazioni indigene.
Introdotta dal primo degli intermezzi musicali, la seconda testimonianza portata sul palco è stata quella della giornalista olandese Ingrid Gercama. In prima linea nell’indagine sul contrabbando di uccelli tropicali lungo la tratta Africa-Paesi Bassi, la giornalista investigativa, come lei stessa si è definita, ha portato gli spettatori a riflettere sul devastante impatto negativo che i traffici di animali hanno sulla biodiversità e sull’ecosistema, reso sempre più fragile e vulnerabile. Tuttavia, gli uccelli tropicali non sono i soli a subire le atrocità dell’uomo; a raccontarlo è stato il giornalista italiano Agostino Petroni, che ha condiviso con il pubblico il suo viaggio in un piccolo paese di pescatori in Scozia, noto per i suoi allevamenti intensivi di arringhe e sgombri. Il suo è stato un viaggio di porte chiuse e di bocche serrate: nessuna informazione, nessuna testimonianza. È stato in quel momento, ha raccontato Petroni, che ha capito quanto il problema della pesca, in quella piccola comunità, avesse ripercussioni sulla vita politica e sociale, tanto da indurre le persone a nascondere la realtà dietro silenzi omertosi.
Alla suggestiva storia di Petroni è seguita quella di Arianna Poletti, giornalista italiana che, dalla Scozia, ha portato il pubblico a sorvolare sul Mediterraneo fino ad arrivare sulle coste dell’Africa settentrionale. Che cos’è il Mediterraneo? È forse solo sbarchi, Lampedusa e migranti? No di certo. Il Mediterraneo, ha affermato Poletti, è un ponte, un ponte inabissato che collega l’Africa all’Europa, permettendo ai paesi come l’Italia di autodefinirsi hub energetici.
Dal momento in cui Putin ha deciso di chiudere i rubinetti russi di gas che rifornivano il nostro continente, infatti, l’Europa ha subito puntato lo sguardo verso l’Africa che, con i suoi immensi deserti apparentemente vuoti, possiede tutte le carte in regola per diventare un’enorme centrale di produzione di energia green a cielo aperto. Il racconto di Poletti mirava ad un obiettivo ben preciso: dimostrare il risvolto negativo dell’energia prodotta da fonti rinnovabili nei territori africani. Essa, infatti, andrebbe ad esclusivo beneficio della popolazione europea e non di tutte quelle famiglie locali che si vedrebbero invadere i propri giardini da pannelli solari.
La speranza della giornalista è quella che, in un futuro non troppo lontano, si possa arrivare a pensare ad un’idea di energia green che non vada ad aggiungere disparità e disuguaglianze alle tante altre che già minacciano l’umanità.
L’ultima voce a salire sul palco è stata quella della giornalista filippina Ana Santos che ha scelto di raccontare al pubblico la storia d’amore tra lei e il suo paese, le Filippine. Un paese divertente e bellissimo, dipinto con i colori di un vero e proprio arcobaleno tropicale, eppure, allo stesso tempo, un paese tragico, con un altissimo rischio di calamità e disastri naturali. Condannate dalla loro posizione al centro della “cintura di fuoco del Pacifico”, infatti, le Filippine ogni anno sono attraversate da circa venti cicloni e disastri ambientali, dovuti alla crisi climatica, come terremoti ed eruzioni vulcaniche. Santos ha concluso la propria storia lanciando al pubblico una domanda: “Se voi viveste in un paese che amate enormemente, ma che presenta un così alto rischio di disastri ambientali, cosa fareste?”
A chiudere l’evento è stata la votazione del pubblico, che, sulla base dei risultati dell’ “applausometro”, ha giudicato il racconto di Arianna Poletti il più emozionante e significativo dei cinque.
A prescindere dal risultato, tuttavia, ciascun ospite, con la propria storia, ha insegnato alle persone presenti che il miglior giornalista è quello che fa riflettere, colui che porta nuove conoscenze su diversi temi: perché la conoscenza rimane l’arma più potente contro ogni male.