19 maggio 2025, Cronache, Salone del Libro 2025

Ascoltare la voce di chi non ce l’ha, ma ha molto da dire


Matilde Boltri Matteo Farina

Liceo classico Alfieri - Torino

Negli anni milioni di donne hanno intrapreso viaggi migratori per cercare di garantire un futuro migliore a se stesse e ai propri figli. Giunte in Italia le loro voci hanno creato un sussurro, una voce, quella della migrazione femminile, che faceva fatica a essere sentita ma che aveva molto da raccontare. Per questo motivo, vent’anni fa, Daniela Finocchi ha ideato il progetto “Lingua Madre”: per dare la possibilità alle migranti e alle proprie figlie di raccontare le loro storie. Dal 2005 più di 10.000 autrici hanno inviato i propri lavori al progetto. Donne diverse per nazionalità, età e cultura ma accomunate dalla difficoltà di ritrovarsi in una terra straniera.
“Le donne cambieranno il mondo e, quelle migranti, forse un po’ di più” è stato l’esordio della presidente della direttrice prima di consegnare gli innumerevoli premi. Il primo, quello per la vincitrice per la sezione fotografica, l’ha vinto la spagnola Marta Valls, con la fotografia “Alina’s letter”, divenuta poi la copertina dell’antologia.
Loranda Domi, proveniente da Durazzo, ha attraversato il mare con la sua famiglia quando aveva sette anni. Il suo racconto “La mia voce è casa” è stato scritto per riconciliarsi con la sua terra. Per la sua superba narrazione ha vinto il terzo posto.  “In un momento della mia vita mi sono chiesta quale fosse la mia casa. Ma poi ho capito che siamo noi la nostra casa” ha detto l’autrice. Il secondo podio è stato vinto da Sayaka Miyamoto, originaria di Tokyo. Il suo racconto si chiama “Oppai” che è un modo colloquiale e familiare, spesso quello fra madre e figlio, di chiamare il seno materno. Il suo racconto si è distinto per l’eccessiva delicatezza utilizzata per narrare di temi femminili: con raffinatezza racconta di come si viva la malattia, la paura della morte e il rapporto con la famiglia ma senza cadere mai nel vittimismo. Il miglior racconto, però, è stato “Piangere per l’abbattimento di un albero” della libanese Leyla Khalil, vincitrice della ventesima edizione di “Lingua Madre”. Il suo racconto ruota intorno alla suggestività dei racconti: il Libano, infatti, per lei esiste solo nei racconti dei suoi familiari ed è rimasto un sogno di viaggio. “E’ stato l’abbattimento di un cedro a unire i miei due mondi in una ferita profumata” ha concluso la scrittrice.

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