Cronache, Pordenonelegge 2023

La storia in un romanzo


Elisabetta Fort

Liceo M. Grigoletti - Pordenone

Sabato 16 settembre 2023, alle 18, un grande personaggio è stato ospitato per la ventiquattresima edizione di Pordenone legge: Annie Ernaux. La scrittrice francese ha vinto il Premio Nobel per la letteratura nell’ottobre 2022 per la sua capacità di narrare attraverso un’autobiografia impersonale, una storia collettiva, “fondendo la propria voce individuale con il coro della Storia”. Annie Ernaux è stata accolta e intervistata da Alberto Garlini e ha ricevuto ufficialmente l’omaggio “La storia di un romanzo” da Vittorio Ratto, vice direttore generale di Crédit Agricole Italia.

Nel suo libro, c’è una donna che si racconta con grande sincerità, contraddistinguendosi attraverso l’uso della forma impersonale, al fine di portare alla luce la storia di tutti attraverso il suo vissuto. Annie Ernaux si concentra sulle memorie condivise, consapevole che tutto fa parte della memoria collettiva e che ciò che cambia nel tempo sono le storie individuali di ogni persona, che si fondono con quelle degli altri. Per questo motivo, la scrittrice sceglie di scrivere con una forma impersonale, anche se sa che la storia che stava scrivendo era la sua; tuttavia, non desiderava che ci fosse un “qualcuno” a cui attribuirla, voleva che fosse di tutti e che tutti potessero rivedersi in essa. “I pronomi evolvono con il racconto”, afferma l’autrice, poiché narra tutte le esperienze partendo dall’infanzia accompagnate dalle foto, le quali descrivono una memoria, un ricordo che alla fine viene condiviso dai lettori.

Rispondendo a una domanda incentrata sulle foto presenti nel libro, Ernaux afferma che queste ultime per lei rappresentano una traccia, un enigma, dato che bloccano un momento della storia: non si conoscono né i fatti antecedenti, né quelli successivi. L’enigma vero e proprio sta nell'”interrogare e descrivere” l’immagine, poiché questa è lo scheletro di ciò che poi diventerà la storia.

L’autrice sostiene che al giorno d’oggi, con la proliferazione di tutte le immagini, i momenti della vita invece di essere conservati vengono banalizzati: con tutte le foto che vengono continuamente scattate, le memorie delle persone perdono il loro valore e non sono più gioielli rari come lo erano per lei, che conserva pochissimi ricordi cartacei della sua infanzia. “Noi mutavamo, ma non conoscevamo la forma di questa mutazione”, così la scrittrice definisce le memorie che vengono lavate via dalla saturazione di immagini, che non sono più vive come un tempo.

Quasi a metà del 1968, la società è stata travolta da un cambiamento, uno sconvolgimento delle vite delle persone che non era mai stato visto. Le persone hanno cominciato a mettere in discussione l’ordine delle cose, hanno cominciato a interrogarsi su molti aspetti della vita dominati dalla società: felicità, libertà e, sostanzialmente, la vita stessa. Questi temi sono spesso ricorrenti durante periodi di grandi cambiamenti, tuttavia, in quell’anno, le domande delle persone erano più forti, più sentite, più prepotenti, richiedevano il loro spazio e la loro risposta.

La scrittura di Ernaux è tersa, curata, acuta, pulita ma anche politica: racconta dinamiche e problemi sociali, e una delle forme in cui questi problemi si manifestano è la vergogna, la vergogna sociale “di essere ragazza”, la paura di raccontare uno stupro. L’autobiografia è stato il modo più efficace per raccontare la realtà: il romanzo non era contemplato perché la vergogna le ha impedito di scrivere per troppo tempo e non voleva che una storia romanzata non restituisse l’effetto desiderato. Questo sentimento di vergogna è stato per lei fonte d’ispirazione ma anche di disagio, poiché non si riesce a cogliere ed è difficile trovare una forma adatta per descrivere un’emozione così subdola e nascosta in fondo ai pensieri, alle esperienze.

Annie Ernaux conclude l’intervista facendo riferimento a una metafora molto significativa: “scrivere è come estrarre pietre dal fondo di un fiume”, perché non è sempre un momento felice quello che si cerca di ricordare, di “estrarre dal fiume”, ma la vita va avanti e le pietre del fiume non finiscono mai.

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