Cronache, Internazionale a Ferrara tutto l'anno 2021

Verso una politica consapevole ed eco-friendly


Emanuela Idotta, Liceo Alfieri di Torino


Può il consumatore riuscire a fermare il cambiamento climatico con le sue abitudini quotidiane o serve qualcos’altro?

La giornalista per Il Sole24Ore Micaela Cappellini  apre con questa domanda provocatoria l’incontro di Internazionale a Ferrara, tenutosi in videoconferenza domenica 14 marzo alle 18, rivolgendosi ai suoi ospiti, il giornalista olandese del De Groene Amsterdammer Jaap Tielbeke,  Leo Hickman, giornalista per il blog Carbonbrief.org, la deputata di Green Italia Rossella Muroni e la dott.ssa Fiorella Belpoggi. Essi concordano nell’affermare la necessità di invertire il tremendo circolo vizioso e sistemico legato ai consumi, promosso dal modello capitalista, ma smentiscono la logica del mito del consumatore verde, secondo cui il contributo individuale e l’adozione di comportamenti sensibili, volti alla riduzione dell’impatto ecologico del singolo, possano significativamente influire in modo positivo e decisivo sul cambiamento climatico, sull’estinzione di massa e sulla crisi della biodiversità che il nostro secolo è chiamato ad affrontare. Risulta infatti evidente come l’installazione da parte di singoli cittadini di pannelli solari, lo stravolgimento delle proprie abitudini alimentari, la scelta di consumare meno carne, il sostegno all’equo solidale non possano rappresentare da sole le uniche strategie per salvare in corner il pianeta. E’ necessario infatti un messaggio forte e 

chiaro di volontà di cambiamento, che provenga direttamente dai veri responsabili dell’inquinamento: la politica e le grandi multinazionali, contemporaneamente veleno e farmaco per la green economy: se da un lato essi certamente hanno la responsabilità di inquinare il pianeta, dall’altro detengono l’enorme potere di invertire la marcia per evitare la catastrofe.

Le aziende hanno iniziato ad adottare un atteggiamento quasi manipolatorio sul cittadino, guardato soltanto in quanto consumatore, cercando in quest’ultimo un alibi per continuare  ad erodere suolo e per proseguire nell’estrazione di enormi quantità di carbonio, gas e petrolio, invocando a propria discolpa la legge della domanda e dell’offerta imposta dal mercato. Questo ha contribuito alla diffusione di una mentalità più attenta al consumismo individuale, piuttosto che alle responsabilità collettive, nascondendo così le cause più radicali, le dinamiche più intrinseche della crisi climatica, con il risultato di assolvere i veri responsabili dell’emergenza ecologica, le cattive politiche ed i cattivi investimenti industriali che impediscono il cambiamento verso un futuro più sano e più giusto.

Emerge allora la considerazione che noi non siamo tutti egualmente responsabili e non ci troviamo in una posizione paritaria di fronte alle grandi scelte che possiamo fare per controbilanciare l’inquinamento del pianeta. Recentemente la Svezia si è resa culla della cosiddetta “filosofia della vergogna”, che si propone di promuovere maggiore consapevolezza e maggiore partecipazione da parte dei singoli in quanto cittadini in grado di adottare scelte più verdi nella quotidianità al fine di ridurre l’impatto sul clima, svincolandoli dalla prospettiva di meri consumatori. Questo rappresenta un chiaro esempio di scelta politica, che sostiene e promuove le abitudini virtuose individuali con scelte strutturali di ampio impatto sulla collettività.

L’attivista e l’ex presidente di Legambiente Rossella Muroni, ha sottolineato nel suo intervento la scarsa consequenzialità e il poco coraggio dimostrati dalla politica italiana nell’investire più proficuamente gli ingenti fondi europei in attività volte a ridurre significativamente l’impatto sul clima e ha insistito sul ritardo della politica in Italia rispetto ad altri paesi europei circa l’emanazione di leggi per impedire il consumo del suolo e sulla diffusione delle energie rinnovabili, ancora bloccate in Parlamento e sulla necessità di abbattere la logica di colpevolizzazione del cittadino.

La Belpoggi, direttrice scientifica dell’Istituto Ramazzini, ritiene che un primo vero cambiamento stia nell’elevare la considerazione del cittadino in base al suo impegno sociale: la politica troppo spesso tende a sensibilizzare ipocritamente la responsabilità all’individuo attraverso misure che hanno un impatto superfluo sul problema ambientale (proibendo il fumo di sigaretta, ad esempio) e a demandare qualsiasi tentativo di stabilire norme utili a bloccare concretamente le emissione derivanti da carburanti fossili, linee guida comuni e modelli di studio innovativi di cancerogenesi sulle sperimentazioni per i rischi cui sono quotidianamente esposti i lavoratori nelle fabbriche a contatto con composti chimici nocivi e con materiali di scarto o semplici cittadini che quotidianamente sono a contatto con i pesticidi contenuti nei cibi o depositati nei campi.

Il secondo cambiamento deve invece avvenire nel dialogo tra scienziati e cittadini, entro il quale la Belpoggi ravvisa un sentimento di scarsa fiducia nel progresso da parte dell’opinione pubblica e un atteggiamento di inerzia nella ricerca scientifica, rispetto a quella sete di indipendenza e di chiarezza, che nel passato ha animato e contraddistinto i grandi pensatori, come Galileo, spingendoli a mettere in gioco se stessi per difendere i propri risultati e le proprie scoperte. 

In conclusione, bisogna che la politica e le grandi aziende abbandonino la visione olistica della crisi climatica, in modo tale che l’individuo non venga considerato ancora in quanto consumatore come unico interlocutore, bensì in quanto cittadino che ha il dovere di partecipare attivamente all’inversione di paradigma nella propria quotidianità e  il diritto di pretendere leggi idonee alla salvaguardia dell’ambiente.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *