Cronache, Internazionale a Ferrara 2025

Siamo davvero a prova di tempesta?


Gabriele Abu Kana, Fabio Fresia

Liceo L. Ariosto, Liceo V. Alfieri - Ferrara, Torino

La pianificazione territoriale potrà aiutarci a gestire i danni causati da eventi meteorologici estremi, che sono sempre più frequenti?

Una risposta ai problemi prodotti dalla crisi climatica è stata individuata nell’intervento di due docenti del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Prevenzione dell’Università di Ferrara, Alessandra Marin e Carmela Vaccaro, introdotte e moderate dal PhD in sociologia Andrea Rubin per il Festival Internazionale 2025.

L’argomento è stato introdotto dalle informazioni scientifiche della prof.ssa Vaccaro: ha rassicurato sul fatto che non tutti le catastrofi ambientali sono espressione di cambiamento climatico, ma ha sottolineato come singoli eventi climatici estremi abbiano ripercussioni tali da mettere in crisi la società tutta. Un esempio emblematico si può ritrovare, il più celebre, ripercorrendo la linea del tempo a ritroso di soli 210 anni. Nell’aprile del 1815 si è verificata l’eruzione vulcanica del monte Tambora sull’isola di Sumbawa (nell’odierna Indonesia), la più potente mai registrata in epoca storica: la quantità di ceneri e gas rilasciata nella stratosfera fu tale da bloccare la luce solare, causando un raffreddamento globale e temperature rigide in Europa e America del Nord, dove i raccolti sono andati distrutti, causando carestia e altri disastri climatici. Il biennio 1815 – 1816 non ha quindi letteralmente avuto un periodo estivo, situazione testimoniata dai dipinti con soggetto la celeberrima battaglia di Waterloo del 18 giugno 1815, nei quali le truppe dei due schieramenti sono raffigurate con divise tipicamente invernali, a causa delle temperature sicuramente non ordinarie per quel periodo dell’anno.

Gli eventi estremi devono quindi spingere ad una attenta pianificazione territoriale, secondo una duplice strategia, brillantemente esposta dalla prof.ssa Marin: da un lato la mitigazione, a cui si può mirare lavorando sui gas clima-alteranti e trovando un modo per contenere e ridurre le cause del cambiamento climatico; dall’altro l’adattamento, ovvero difendersi dagli esiti che già oggi ci coinvolgono e sono ormai inevitabili. Appare quindi evidente che il piano urbanistico può intervenire in modo efficace soprattutto nel secondo caso, applicando strategie adeguate a promuovere la capacità dell’ambiente urbano – e a più ampia scala del territorio antropizzato – di adattarsi agli eventi estremi e favorire la sostenibilità ambientale.

Si può quindi attuare un cambiamento “dall’alto”, come ad esempio quello progettato dalla COP 2015 di Parigi, che aveva lasciato trasparire un entusiasmo, oggi sovvertito, visto il pericoloso aumento delle emissioni; oppure si può tentare un cambiamento “dal basso”, che invece consiste nell’individuazione di buone pratiche e linee guida da seguire nel privato quotidiano.

La strategia dell’adattamento ha portato a virtuosismi ambientali, presentando delle nature based solutions, ovvero delle soluzioni che imitando la natura possono portare a contrastare i problemi legati al cambiamento climatico, sia in ambito rurale che urbano. In America Latina sono degli exempla i casi di Medellín e Bogotá, dove sono state realizzate strade verdi, che sono a tutti gli effetti dei giardini lineari, e ciclovie sempre più efficienti: questi piani urbanistici mirano, nello specifico, alla mitigazione in città delle elevate temperature, dovute alla presenza di un importante manto stradale in asfalto, e conferiscono alle due metropoli sia nuove vie di mobilità che una logistica meglio diramata.

In UE la firma del Green City Accord del 2020 ha rappresentato un importante passo in avanti verso una maggiore tutela del territorio, riunendo numerosissime municipalità per plasmare un piano di pulizia, incremento di aree verdi e riqualificazione di zone industriali nelle singole città. Nell’intera regione tedesca della Ruhr, tipicamente a trazione industriale, si è avuta un’applicazione massiccia di questi principi, esattamente come nel quartiere stoccolmese di Hammarby, attualmente sottoposto a un’importante riqualificazione urbana con un monitoraggio costante in corso d’opera.

Se per secoli abbiamo provato ad adattare il pianeta alle nostre esigenze, negli ultimi anni abbiamo forse capito che siamo noi a doverci conformare alle norme non scritte della natura, partendo da un’urbanizzazione più consapevole e non sfrenata come qualche decennio fa.

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