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Una cosa che ti ha colpito
Sostiene Pereira è uno dei capolavori più famosi dello scrittore italiano Antonio Tabucchi, ambientato in una Lisbona in pieno regime salazarista, un fenomeno del quale si parla poco ancora oggi.
In questo libro, viene raccontata la storia di una persona, Pereira, un giornalista di mezza età, direttore della pagina culturale del Lisboa, che vive una vita monotona, ma non noiosa, le cui giornate passano divise tra la redazione del Lisboa, i pasti al café Orquidea e le chiacchierate con la foto della sua defunta moglie.
Un personaggio che a prima vista si presenta come una persona pacata, riflessiva e contemplativa, apparentemente senza posizioni politiche, che pensa di sopravvivere mettendosi al riparo da qualsiasi tipo di coinvolgimento, ma soltanto scorrendo le pagine del libro si può vedere tutto il percorso del suo cambiamento, innescato dalla conoscenza di due giovani rivoluzionari, il Signor Monteiro Rossi e la sua fidanzata.
Con la loro conoscenza Pereira sarà sopraffatto da un senso di preoccupazione, causato dal suo conflitto interiore, visto che non sa se mantenere la sua posizione iniziale, oppure ascoltare i 2 ragazzi e iniziare a prendere coscienza di quel che sta accadendo nel mondo.
Ma soltanto verso la fine del libro, affronterà le proprie responsabilità scoprendo così la propria coscienza civile, permettendo così di definire completato il suo percorso evolutivo.
Un’altra cosa che ti ha colpito
Tabucchi, in questo capolavoro, è riuscito a raccontare una storia ambientata in uno dei periodi più bui del nostro continente, che ha lasciato una grossa ferita, tramite uno stile semplice e armonioso, facendola risultare molto leggera agli occhi del lettore.
Pereira è un personaggio che rappresenta ognuno di noi, tutti i suoi pensieri sono talvolta gli stessi che ci travolgono durante la nostra vita, e pertanto penso che il lettore possa riflettersi e trovare confronto in lui, immergendosi completamente nella lettura, che è per questo molto significativa.
C’è da dire anche che il grande talento dell’autore non si smentisce mai, perché con le descrizioni dettagliate, basate soprattutto sul suo vissuto, è riuscito a raccontare Lisbona, una città piena di luce e colore, permettendo così al lettore di fare un viaggio con la propria mente, attraverso le sue calde e tradizionali vie, riuscendo a far conoscere il suo fascino.
Di questo libro in particolare mi hanno colpito i pensieri ricorrenti sulla morte del protagonista, condizionati soprattutto dalla perdita della moglie, ma grazie ad un articolo di Monteiro Rossi lui riuscirà a capire che la morte non è solo un accadimento negativo che porta dolore; ma più una metafora della vita, che ci permette di apprezzarla e comprenderla al fine di rinascere, e di creare un cambiamento interiore noi stessi. Ciò lo spiega molto bene a Pereira il dottor Cardoso: all’interno di ognuno di noi non abbiamo un’unica anima indivisibile, ma un gruppo di anime, che a turno, per tutta la durata della nostra vita, diverranno quella dominante, e quest’ultima prenderà una posizione inaspettata, per riuscire a farci comprendere il mondo e cambiare la concezione di noi stessi.
Una frase del libro da conservare
“Quella che viene chiamata la norma, o il nostro essere, o la normalità, è solo un risultato, non una premessa, e dipende dal controllo di un io egemone che si è imposto nella confederazione delle nostre anime”
Se questo libro fosse una canzone
Se questo libro dovesse essere una canzone, secondo me dovrebbe essere “Bones” degli Imagine Dragons, ovvero un brano che ragiona sul fragile rapporto tra la vita e la morte, tra finitezza e infinito, perché tutto è temporaneo, destinato a scomparire, e diventare cenere, tranne i sentimenti più profondi che legano gli esseri umani; ma inoltre è una riflessione sulla costante ossessione di comprendere la finalità di tutte le cose, di comprendere come nella vita di ognuno ci sia qualcosa che va oltre la semplice vita fisica e che tende verso l’infinito.
Sostiene Pereira è uno dei capolavori più famosi dello scrittore italiano Antonio Tabucchi, ambientato in una Lisbona in pieno regime salazarista, un fenomeno del quale si parla poco ancora oggi.