“Per raccontare una storia ne servono due”, la citazione, ripresa dal Manzoni, descrive sinteticamente le intenzioni di “Bambino”, ultimo libro di Marco Balzano, presentato il 13 Ottobre nel dialogo con Marco Revelli alle Gallerie d’Italia in occasione dei Portici di Carta, tratta una delle pagine di storia più divisive del nostro Paese perché soverchiata dalla propaganda politica e dalle strumentalizzazioni. Nella Trieste della prima metà del Novecento, al movimento delle camicie nere aderivano coloro che cercavano il sostegno di un “branco” a cui appartenere, tra cui Mattia, un giovane alla ricerca della propria identità legata alla figura di una madre che non ha mai conosciuto. Il romanzo indaga oggettivamente la psicologia di un uomo che compie del male, non al fine di giustificarlo, ma per rivelarne l’umanità nascosta e comprenderlo in tutti i suoi aspetti più terribili. Dietro alla facciata del crudele squadrista, si cela infatti un’incapacità espressiva verbale tipica del periodo infantile, che porta alla violenza efferata. L’agire sul linguaggio nelle regioni di confine, come fu nel Friuli-Venezia-Giulia nel ventennio fascista, è proprio di ogni dittatura e presagio di guerra poiché va a minare la comunicazione ed impedisce il dialogo. Discorso che si lega particolarmente al periodo storico in cui viviamo, segnato dalla trasformazione dei confini da luoghi di scambio culturale a zone di conflitto. L’autore stesso afferma l’importanza della narrazione come strumento educativo attraverso il quale mettere il lettore al corrente dei fatti del passato, che è necessario conoscere e studiare per trarne i giusti insegnamenti. La trasmissione della memoria alle giovani generazioni, risulta quindi necessaria per la progettazione del nostro futuro.