Nella terza giornata del festival di internazionale Stefano Pelaggi, Ilaria Maria Sala e Luigi Spinola hanno discusso sulla questione delle “altre Cine” attraverso i libri: L’isola sospesa, (Luiss University Press, 2022) e L’eclissi di Hong Kong (Add, 2022).
L’eclissi di Hong Kong è un viaggio in una zona geografica che sta cambiando molto velocemente negli ultimi anni, che oggi ha un futuro incerto. Il lettore scopre la città di Hong Kong, composta da “microstorie”: chi vive a Hong Kong, chi è di Hong Kong, come si crea questa identità. Sala ha cercato di raccontare i dettagli più legati alla cucina, all’urbanistica, alla storia meno nota del luogo.
Quasi tutti sanno che Hong Kong è stata una colonia britannica per quasi un secolo e mezzo, però in cosa questa colonia è stata uguale alle altre? Le persone spesso immaginano solamente il distretto della finanza quando si parla di Hong Kong. L’autrice, con un grande affetto per Hong Kong, invece sottolinea altri aspetti importanti di questa città: un sottostrato di abitudini culturali, di intrecci etnici e sociali che fanno parte della sua grande ricchezza.
“È una città che si porta addosso i segni del passato coloniale”. Gli inglesi sono arrivati a Hong Kong nel 1842: per un secolo e mezzo la città è stata una colonia britannica e da appena 25 anni è nuovamente sotto sovranità cinese. Per questo motivo è inevitabile parlare del periodo coloniale di Hong Kong”. È passata da essere una colonia britannica ad essere sotto il dominio cinese in un modo inusuale: senza un referendum e senza che la decisione sul futuro della città passasse tramite la volontà dei cittadini. Quando Hong Kong era sotto il dominio britannico, si trattava soprattutto di una piattaforma finanziaria: un porto, un luogo che i britannici utilizzavano per il commercio, che ha consentito lo svilupparsi di una cultura particolare che non era eccessivamente assoggettata alla volontà britannica.
La relativa indifferenza coloniale, nei confronti di quello che avveniva all’interno della maggioranza della popolazione, ha consentito che nascesse qualcosa di innovativo che si distingue dalla Cina continentale.
Dall’inizio del 1900 fino alla fine del periodo coloniale, la maggioranza della popolazione della città era immigrata a Hong Kong dalla Cina continentale, cercando di fuggire dai vari problemi politici, per cui si trattava di una popolazione che non ha avuto il tempo di mettere radici a Hong Kong. A partire dagli anni ’70, le persone di seconda, di terza generazione a Hong Kong hanno una relazione già sviluppata con il luogo e un’identificazione più profonda.
Le persone che vediamo impegnarsi a livello politico, nelle proteste e manifestazioni, sono persone che sono arrivate in città da piccolissimi, oppure sono nati dai genitori che erano di Hong Kong e quindi è l’unico luogo che possono chiamare casa.
Nel 1997, quando la città è passata sotto il dominio cinese, il modello adottato da Pechino per Hong Kong è stato: “un paese, due sistemi”. Questo ha fatto crescere le aspettative da parte di hongkonghesi di essere in grado di stabilire quali fossero le regole tramite le quali la città sarebbe stata governata. Ne sono stati presto delusi: non sono state applicate le leggi sul suffragio universale, e le richieste per conservare i luoghi cari alla memoria collettiva di Hong Kong non sono state approvate. Sala fa notare la presenza di generazioni giovani, giornalisti a artisti, che danno voce a questo malcontento rispetto all’entrata anche dell’esercito cinese durante le proteste. Non si era abituati ad assistere a scene del genere all’interno di questi contesti.
Il secondo libro protagonista dell’incontro, L’isola sospesa, narra non solo la storia di Taiwan, ma soprattutto delle persone che l’hanno abitata: le popolazioni aborigene, immigranti cinesi arrivati nel periodo dal Cinquecento all’Ottocento, i soldati ritirati dalla guerra cinese e i funzionari del Kuomintang. ”Ognuna di queste popolazioni ha lasciato qualcosa”, dice Pelaggi.
Vengono anche raccontare le storie dei popoli colonizzatori, che hanno dominato l’isola per periodi più o meno lunghi: gli olandesi, gli spagnoli, i pirati e i contrabbandieri, i funzionari dell’Impero Qing e i giapponesi, fino al regime del Kuomintang. I cambiamenti demografici all’interno dell’isola hanno così influenzato “l’identità taiwanese”, frutto delle dominazioni, delle interazioni tra diversi gruppi etnici e delle modalità di convivenza tra le persone, che a volte erano costrette a chiamare Taiwan la propria casa.
Durante la storia cinese non c’è stato un interesse amministrativo per l’isola. Veri e propri rapporti con la Cina sono iniziati nel XIV e XV secolo con la dinastia di Ming. L’isola, però, veniva considerata “una zona abitata dal popolo selvaggio”. Le fonti storiche suggeriscono che l’isola passò sotto il pieno controllo cinese nel XVII secolo, quando la dinastia Qing iniziò ad amministrarla. Poi, nel 1895, hanno dato l’isola al Giappone dopo aver perso la prima guerra sino-giapponese. La Cina riprese nuovamente l’isola nel 1945 dopo che il Giappone perse la seconda guerra mondiale.
Una guerra civile scoppiò nella Cina continentale tra le forze governative nazionaliste guidate da Chiang Kai-shek e il Partito Comunista di Mao Zedong. I comunisti vinsero nel 1949 e presero il controllo a Pechino.
La Cina sottolinea questa storia per dire che Taiwan era originariamente una provincia cinese. Ma i taiwanesi puntano alla stessa storia per sostenere che non sono mai stati parte dello stato cinese moderno, che è stato formato dopo la rivoluzione nel 1911, o la Repubblica popolare cinese che è stata fondata sotto Mao nel 1949.
Nel libro si parla del disinteresse da parte dei cinesi per Taiwan; allora perché ora è importante per la Cina? “La Cina è una nazione relativamente giovane, ha meno di 100 anni e ha immaginato la propria lingua e la propria storia in tempi brevissimi umiliando le culture delle colonie. Se si vorrà Taiwan, sarà esclusivamente per ragioni politiche. Le pretese storiche, le guerre non si fanno mai per la storia, ma per un primato politico”, dice Pelaggi.
Negli ultimi decenni Taiwan è alla ricerca di una sua propria identità “taiwanese”, questione a cui Stefano Pelaggi dedica una grande parte del libro.
Durante l’evento, Sala e Pelaggi notano le similitudini e le differenze tra le questioni di Hong Kong e Taiwan. Entrambi si soffermano sull’importanza dell’identità che due popolazioni hanno vissuto nel corso della storia.
L’incontro è finito con la conclusione che “conservare le tradizioni probabilmente diventa l’unico modo di trasmettere nel futuro i buoni propositi”.