Giustizia è quello che chiedono l’avvocato Anwar al Bounni, l’attivista Wafa Mustafa e la mediatrice e giornalista Marta Bellingreri ed è anche il titolo dell’incontro svoltosi alle ore 14 del 5 ottobre presso il cinema Apollo.
I relatori hanno presentato la drammatica situazione presente in Siria, loro Paese natale, non solo dopo la repressione delle proteste del 2011, ma fin dalla presa di potere da parte di Bashar al Assad negli anni ’70. In particolare, Anwar ha lasciato il suo Paese dopo essere stato vittima del regime oppressivo e ora, operando specialmente in Germania, raduna altri connazionali, che hanno vissuto i suoi stessi abusi, per avviare processi contro i responsabili di questi crimini. Questi testimoni sono presenti in tutta Europa, soprattutto in Svizzera, Paesi Bassi e Francia. Wafa, invece, è figlia di uno dei tanti prigionieri politici comunemente noti come desaparecidos, che hanno osato chiedere una realtà migliore; a differenza dell’ubicazione delle carceri e dei precisi capi di accusa, gli enti rapitori, però, sono ben conosciuti. Il numero dei detenuti ammonta a più di 150mila siriani, che subiscono le torture più terribili (le testimonianze riportano 84 modalità utilizzate), specialmente violenze di genere; cosa ancora più grave, queste atrocità vengono spesso commesse per puro piacere dei carcerieri. Si tratta, quindi, di una tragedia collettiva nella quale il popolo siriano non è tutelato da nessun ente; nel frattempo, infatti, nei Paesi europei si crede che la guerra sia finita, l’Isis sia stato sconfitto e i rifugiati possano tornare in patria. L’Italia poi fa parte dei Paesi che tentano di normalizzare il governo di Assad, pertanto i siriani fuggiti rischiano di essere riconsegnati alle milizie del regime. Nonostante questo quadro tragico, Anwar spera nella costituzione di una Siria democratica, lontana dall’estremismo politico, religioso o settario, con l’aiuto, indispensabile, dell’Unione Europea: non si è obbligati, infatti, a scegliere tra male e male, tra l’Isis e Assad. Più realista è, invece, il punto di vista di Wafa: lei crede che la libertà richieda un alto sacrificio, come avvenuto in altri Paesi per abbattere le dittature, e possa essere ottenuta soltanto con azioni collettive degli Stati del Medio Oriente, attualmente ostacolati dai conflitti; è l’atteggiamento stesso del Vecchio Continente nei confronti della crisi siriana a mostrare quanto il concetto di democrazia sia molto relativo. La liberazione dei cittadini siriani, dunque, richiederà un percorso lungo e difficoltoso, nel quale la determinazione e la collaborazione tra nazioni dovrà avere un ruolo decisivo.