Cronache, Internazionale Ferrara 2023

Da patria a prigione: una voce dalla Siria


Anna Carrà e Viviana Perelli

Liceo Ludovico Ariosto - Ferrara

“La battaglia per la libertà è più difficile e disperata oggi di quanto non lo sia mai stata”. 

Queste le forti parole di Yassin al Haj Saleh, scrittore siriano che ha tenuto una conferenza dal titolo “Libertà” sabato 30 settembre al Cinema Apollo.

Argomento dell’incontro è stata la condizione della Siria, nazione che nell’ultimo secolo è stata deturpata da sanguinosi conflitti interni e molteplici pressioni esterne. Infatti numerose potenze estere, quali Turchia, USA, Russia e Iran, presiedono i territori siriani, apparentemente per contrastare il terrorismo, ma di fatto attuando un colonialismo che va a soffocare gli ultimi rimasugli di autonomia di cui questa nazione gode.

Come se non bastasse, il fenomeno del “politicidio”, ovvero l’eliminazione di qualsiasi opposizione politica, ha portato all’instaurarsi di una dittatura Islamica; da più di cinquant’anni la famiglia Assad monopolizza il governo, rendendo impossibile un qualsiasi cambiamento, come il relatore sottolinea affermando che “la Siria deve rompere le catene di questo presente che è come un ergastolo”.

Secondo lo scrittore per ottenere un nuovo inizio è necessario riconquistare l’indipendenza su tutti i fronti, dalla religione al patriarcato, fino al colonialismo. 

Malgrado avere un credo comune sia stata un’ancora di salvezza per fronteggiare gli invasori, la traslazione delle leggi divine in ambito politico ha trasformato un Paese unito in una prigione. È fondamentale anche svincolarsi dal patriarcato, non solo quello inteso come prevaricazione dell’uomo sulla donna, ma la vera e propria riduzione dei cittadini a individui privi di autonomia e di scelta.

L’appello che Yassin al Haj Saleh rivolge a noi occidentali è quello di difendere la democrazia di cui siamo protagonisti e di supportarli nella loro lotta; confessa di aver pensato per lungo tempo che una svolta non sarebbe stata possibile, ma che ora “vedere decine di migliaia di persone alzare la testa contro il regime riempie l’animo di speranza”.

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