La Bibbia e la psicoanalisi si incontrano ne La legge della parola, radici bibliche della psicoanalisi (Einaudi), il nuovo libro di Massimo Recalcati, presentato il 22 maggio al Salone del Libro di Torino. Nonostante la psicoanalisi abbia sempre visto la religione come sua antitesi, una superstizione e nevrosi dell’umanità, l’autore suggerisce una nuova chiave di lettura: invece che fuga dalla miseria di questo mondo, la religione diventa un gesto di ringraziamento per la creazione e la bellezza della vita. Secondo la “Legge della separazione”, infatti, il mondo è stato generato dal desiderio di Dio e dalla potenza della sua parola. La parola di Dio non è uno strumento della comunicazione, ma ha la potenza della luce, di rivelare all’essere le molteplici forme del creato. Il Verbo coincide, dunque, con l’atto della creazione. L’importanza della parola viene enfatizzata dalla psicoanalisi, poiché il paziente mentre parla del suo passato lo crea e lo rende nuovo e sorprendente.
Dio ha donato il potere della parola all’uomo, rendendolo bisognoso di essere ascoltato. Per questo, l’essere umano vive con la costante necessità di relazionarsi con gli altri, senza i quali è destinato a perire. La mancanza dell’altro provoca il desiderio verso di lui poiché tutti siamo “separtiti”, in quanto c’è una parte di noi che si è trasferita nell’altro.
L’unico vero peccato dell’uomo è il desiderio di essere Dio, di cercare consistenza attraverso le grandi illusioni della nostra società come il denaro, il successo, il potere e l’idolatria del nostro io. Per essere veramente consistenti bisogna vivere nella decisione dell’oggi e disattivare l’attesa del domani, dedicando a ogni cosa il suo momento.
L’uomo vive nella legge, ma non può venire oppresso da essa. La legge è fatta per l’uomo quando non è un limite, ma dà spazio a quel soffio che è la vita concedendo il perdono. Dunque la legge e la psicoanalisi hanno lo stesso fine ultimo: abolire il sacrificio.