Cronache, Salone del libro 2021

Jasminka Petrovic: la Guerra Jugoslava attraverso Sofia


Giulia Cudemo e Rachele Lazzari, Liceo Alfieri


Siamo arrivati all’ultima mattina in cui il Salone Internazionale del Libro 2021 apre i cancelli, e proprio all’entrata la scrittrice Jasminka Petrovic rimane bloccata, non riuscendo a partecipare alla presentazione del suo libro L’estate in cui ho imparato a volare (Besa Muci). A fare le sue veci sono presenti Lorenzo Naia e un rappresentante della casa editrice, che presenta il romanzo e spiega al pubblico il progetto su cui si basa la collana di libri Rendez-vous: si tratta di recuperare e tradurre romanzi di autori e autrici balcanici che in Italia non sono mai arrivati. Basti pensare che L’estate in cui ho imparato a volare, pubblicato nel 2015, è stato tradotto con straordinario successo in venticinque lingue del mondo, ma la traduzione italiana è arrivata solo qualche mese fa. Caratteristica fondamentale del romanzo è proprio la molteplicità di dialetti inseriti in esso: si incontrano parole rimaste in lingua originale, quelle del dialetto Croato, e l’autrice prende anche in prestito alcune parole dal dialetto triestino. 

Si tratta di uno dei romanzi più importanti della collezione dell’autrice, che con questo racconto ci porta lo spaccato di una terra culturalmente molto ricca. Ricorrente nei suoi romanzi è la presenza di riferimenti alla storia del suo paese d’origine, e in particolare alla Guerra Jugoslava, presentata in questo romanzo con la storia di Sofia, una dodicenne che, attraverso la storia della sua famiglia, il contesto culturale in cui vive, e le sue avventure, diventa erede della guerra stessa. 

La protagonista vive un’iniziale situazione di disagio profondo: sarà costretta ad andare in vacanza con sua nonna, con cui dovrà condividere il letto, in un’isola croata, in uno Stato di cui non conosce la lingua, senza connessione a Internet. Ma il lato positivo viene sempre (o quasi) fuori, e anche Sofia lo scoprirà attraverso le storie che quel posto le riserva e che la cambieranno profondamente nel corso delle tre settimane che passerà sull’isola.

Questo romanzo presenta in questo modo la bellezza che si può nascondere anche dietro un viaggio iniziato con i peggiori presupposti e vuole essere un incentivo ai ragazzi per “continuare a viaggiare e a valicare i confini con il passaporto delle storie e dell’avventura; non fermarsi in un solo posto, ma allargare lo sguardo sul mondo e collezionare incontri, esperienze, ricordi”

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