Sabato 16 marzo 2024 ha preso inizio la 30sima edizione del festival Dedica 2024 al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Pordenone, con ospite lo scrittore Arturo Peréz-Reverte, 72 anni, inviato di guerra spagnolo diventato romanziere. A presentarlo, lo scrittore Bruno Arpaia accompagnato dall’interprete Francesca Santarelli.
Dopo i ringraziamenti da parte delle autorità, è stato consegnato il sigillo della città all’autore da parte del vicesindaco e assessore della Cultura Alberto Parigi.
Inizia così il dialogo tra Bruno Arpaia e Arturo Pérez-Pérez-Reverte che si sofferma su due aspetti che vanno assolutamente conosciuti, il lato umano e la lucidità del suo sguardo sulla realtà. Essendo un lettore precoce, Pérez-Reverte cresce con l’idea di voler vivere le storie dei romanzi che leggeva, così inizia a viaggiare. In seguito ciò diventerà il suo lavoro da inviato di guerra. L’autore racconta che, nonostante la sua conoscenza osservativa e la sua formazione nascano nella biblioteca familiare che raccoglie più di 34.000 testi che variano dai classici greci e latini ai gialli di Agatha
Christie, essi si svilupperanno in guerra.
“Tutto ciò che sono, lo devo alla guerra” afferma Arturo Peréz, che definisce la guerra nutritiva come un apprendistato.
Ma com’è avvenuto il passaggio tra inviato e romanziere?
Egli racconta che nel suo passato ha attraversato tre tappe per arrivare a dov’è oggi: la prima fase: “Avventura”, ovvero dove è giovane e adrenalinico, inizia a viaggiare nella speranza
di vivere le storie dei suoi romanzi;
la seconda fase di “Realizzazione” in cui capisce che può aiutare le persone in guerra con il suo lavoro
e diventa così inviato di guerra;
l’ultima fase avviene durante la guerra dei Balcani di cui riferiva troppe morti e al telegiornale non
andava bene poiché abbassava gli umori del popolo. Così capisce che non ha senso continuare e lascia il suo lavoro.
Fortunatamente prima di partire aveva pubblicato il suo libro “ La tavola fiamminga” e al suo ritorno scopre che aveva venduto tanto, così diventa un romanziere.
Le sue fonti di ispirazione nello scrivere sono i classici latini e greci, per lo stile utilizza gli
strumenti dei “secoli d’oro” spagnoli e infine una narrativa europea. Infatti, racconta che già a 9 anni aveva una raccolta di trenta volumi circa. Ciò gli permette di continuare ad apprendere e ad essere curioso verso il mondo. Infatti le generazioni che stanno crescendo, non sanno interpretare il presente avendo poca conoscenza della storia, per questo nei suoi libri c’è una così alta componente storica.
“Odio scrivere” racconta l’autore che trova noioso l’atto meccanico della scrittura. Allora perché fare il romanziere? Per la documentazione e il continuo apprendimento di nuovi argomenti e stili di
vita. Di conseguenza, anche vivere vite diverse e fare ciò che non può più fare.
Per il suo modo di scrivere viene attaccato dalle ultra-femministe come misogino e fascista visto il suo linguaggio poco politically correct. Arturo Peréz ritiene di non fare discorsi di genere e per quanto sia attento al linguaggio che utilizza (affermando lui stesso di non sapere da dove viene
quest’attenzione) ritiene che la scrittura abbia una funzione puramente narrativa e non politica. L’autore ritiene che avere un’atteggiamento di curiosità davanti al male o comunque a chi ha un’ideologia diversa è fondamentale per accrescere il proprio sapere su tutti i fronti; il male e il bene, infatti, fanno parte dell’essere umano ed è ognuno di noi a decidere che parte mostrare.
“Oggi non ascoltiamo e ciò ci impedisce di capire certi meccanismi” racconta lo scrittore.
Peréz-Reverte esprime la sua opinione riguardo al futuro: il libro è condannato a morte ma non la narrazione. Infatti la scrittura è riprendere le storie e riadattarle ma i miti saranno sempre quelli,
cambierà solo il modo di raccontali.
Egli sembra avere una visione pessimistica, anche se definita da lui realistica, del futuro della cultura occidentale facendo perfino un paragone con la caduta dell’impero romano.
A chiusura dell’incontro Bruno Arpaia gli pone un’ultima domanda chiedendogli se crede di essere
uno scrittore migliore adesso o in passato. Peréz- Reverte risponde facendo una distinzione: come scrittore, ritiene di essere peggiorato, in quanto scrive per altri e non per sé; sul piano della forma stilistica e linguistica, ritiene invece di essere diventato uno scrittore professionista.
Ainda Fasulo, Liceo scientifico M.Grigoletti, Pordenone