Cronache, Internazionale a Ferrara tutto l'anno 2021

Come ha influito la pandemia sul mondo dell’informazione?


Aurora Curcio, Cristian Piazza - Liceo M. Grigoletti


Nell’incontro “Elogio dell’informazione lenta”, ha avuto luogo un dibattito tra vari giornalisti e redattori internazionali, con la moderazione del direttore del giornale italiano “Slow News” Alberto Puliafito. In questo confronto si sono discussi vari temi riguardanti il giornalismo attuale e di come sia cambiato nei vari anni, ma soprattutto nell’ultimo, quello segnato dalla pandemia da Covid-19, che ha radicalmente cambiato il mondo dell’informazione ma, più generalmente, il modo di comunicare e di leggere i dati e le notizie che i giornalisti e i media ci offrono.

Helen Boaden, ex-direttrice della BBC per 8 anni, inizia l’incontro affermando che l’avvento della pandemia è stato sia un bene che un male per il giornalismo.

Spiega che è stato un bene, perché ha favorito l’informazione lenta, ovvero il pubblico si è messo a leggere attentamente le news che scorrevano sui social o, semplicemente, non si è limitato a visualizzare solo la notifica della notizia, ma si è preso del tempo per approfondire e comprendere quello che l’articolo esponeva.

Dall’altra parte è stato un male perché ha accentuato la preesistente crisi economica del giornalismo, dove le piattaforme online hanno cavalcato la cresta dell’onda e hanno  registrato grandi numeri, mentre i fornitori di contenuti hanno faticato poiché le entrate pubblicitarie e gli introiti si sono notevolmente ridotti. 

Oltre a questo, c’è stata una, come la chiama, “minaccia esistenziale”: questa avvisaglia è dovuta all’ansia delle persone che, quando sono ansiose, iniziano ad irritarsi ed a incolpare gli altri. Tutto ciò era dovuto alle news che ci bombardavano quotidianamente ai tempi pre-pandemia e, quando quest’ultima è arrivata, le persone hanno avuto dei momenti di profonda angoscia e questo è accaduto perché l’unica fonte attraverso cui potevano mettersi in contatto con ciò che avveniva fuori dalle loro mura di casa era il telefono o il computer.

Dopo l’intervento di Helen, viene chiamato in causa Matthew Lee, redattore del Delayed Gratification, che riconosce come la pandemia sia stata, più che altro, una sfida pratica per lui ed i suoi colleghi, dato che loro scrivevano su un trimestrale cartaceo e pertanto sono stati obbligati a lasciare in poco tempo le loro sedi di redazione per rimanere chiusi in casa ed adattare le loro pratiche lavorative, saperle conformare a quella che, all’epoca, era una situazione nuova per tutti. Poi aggiunge che anche per lui la pandemia è stata una prova perché ci si è ritrovati ad assistere a videoconferenze a distanza dopo che si era sempre stati abituati ad interagire faccia a faccia con le persone, in modo da parlare di argomenti extra-lavorativi e di seguire quella caratteristica naturale che contraddistingue noi esseri umani, la comunicazione.

Per una piccola realtà come la loro, infatti, era difficile l’accesso alle informazione sul campo, perché molti dei suoi colleghi erano limitati in casa e non potevano compiere viaggi lavorativi. 

Matthew ci racconta che questo concetto di “Slow News” è perfettamente calzante con la pandemia perché lui, scrivendo un trimestrale, non va alla ricerca dei vari titoli “clickbait”, ma cerca di catturare quello specifico momento storico e riflettere sul suo significato, sia nell’immediato che nel lungo periodo.

Afferma inoltre che la pandemia è stata una mano santa per tutte quelle persone che lavorano nel settore del giornalismo legato ai dati e che negli ultimi mesi sono stati prodotti dei lavori che rappresentano al meglio come il mondo sia cambiato e stia ancora cambiando.

Infine illustra due aspetti che questa ha portato: il primo dove ha accelerato alcune delle preoccupanti tendenze che stavamo vedendo negli ultimi anni, ad esempio i licenziamenti. L’altro aspetto è che molti si sono abbonati alle riviste, il che fa pensare al fatto che la gente voglia spendere del tempo per informarsi e abbia voglia di leggere qualcosa di piacevole e interessante durante il tempo che trascorre a casa. Questo è dovuto, e ricorda il discorso di Helen, alla domanda crescente per un giornalismo equilibrato, misurato ed informato perché le persone si concentrano di più sulle notizie e si sono rese nuovamente conto di quanto l’informazione sia importante e possa essere affidabile nel riportare queste ultime. 

Successivamente, la parola passa a Lea Korsgaard, direttrice danese di un giornale online molto particolare che non contiene pubblicità. Alberto le ha posto la domanda sul come sia cambiata la richiesta da parte dei loro “members” e come sia stata affrontata la questione legata alla pandemia.

Lea ammette che non c’è stato un sostanziale cambiamento, visto che il loro lavoro era conforme alla situazione e quindi non hanno avuto ingenti problemi quando la pandemia è arrivata. Loro, non avendo inserzionisti, non hanno avuto difficoltà finanziarie perché, con la loro iniziativa “Air Free”, solo i membri di Zetland pagavano il servizio per avere delle informazioni vere e ben curate.

Dunque, per lei, il modello impresario di Zetland ed i loro ideali giornalistici hanno calzato perfettamente con la situazione del 2020, non alterando per nulla quella antecedente alla pandemia. 

A conclusione, interviene il direttore di “Internazionale”, Giovanni de Mauro, che illustra come la sua situazione si rifletta in tutte le precedenti. Secondo lui, all’inizio della pandemia c’è stato un effetto di schiacciamento di tutto il resto, dato che la maggior parte dell’informazione mondiale è stata fortemente concentrata sugli sviluppi della pandemia. Aggiunge che il giornalismo, da un anno a questa parte, ha omesso molti eventi ma non volontariamente, perché ci sono stati talmente tanti avvenimenti legati alla pandemia che alcune notizie non hanno avuto la giusta eco che meritavano, causando così un impoverimento dell’informazione. 

In sintesi, questo “strano” momento storico dell’epoca moderna ci ha sconvolti e lo stesso vale per il giornalismo. Infatti, i media ed i giornalisti si sono dovuti adattare alla nuova situazione che gli si è posta davanti, una condizione di giornalismo debilitato con al centro l’emergenza da Covid-19. Tuttavia, bisogna riconoscere che questa pandemia ha nettamente influito il modo di vedere l’informazione per la maggior parte della popolazione mondiale e ha reso le persone più invogliate a leggere le notizie vere e più attente nel distinguerle dalle “fake news”.

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