Internazionale a Ferrara 2025

Riparare il cervello senza avvelenare il corpo


Dunia Barin, Matteo Enrico Zoggia

Ariosto, Liceo Alfieri - Ferrara, Torino

Riparare il cervello è una di quelle sfide che sembrano uscite da un romanzo di fantascienza. Eppure, in un sabato pomeriggio di ottobre, all’ex Teatro Verdi di Ferrara, due scienziati, Michele Simonato e Matthew Walker, hanno riflettuto su come la ricerca stia davvero cercando di affrontare questa questione.

Walker ha aperto il suo intervento con una storia che ha lasciato il pubblico in silenzio: una sua paziente di 17 anni, senza malattie pregresse, che viveva una vita normale, all’improvviso ha iniziato a soffrire di attacchi epilettici. Gli esami clinici non hanno rivelato nulla di anomalo. «È difficile curare il sistema nervoso centrale, se non sappiamo da dove proviene la malattia», ha spiegato. Questo caso è emblematico di come negli ultimi decenni, la medicina abbia fatto enormi progressi nella diagnosi, ma la cura rimanga spesso un terreno difficile da navigare. «Per trattare una piccola parte del cervello, finiamo per avvelenare tutto il corpo», ha detto con un sorriso amaro. Ma non tutto è cupo. Oggi la scienza ha a disposizione strumenti innovativi: terapie geniche in grado di agire direttamente nel cervello, “convincendo” alcune cellule a smettere di produrre proteine che alimentano la malattia. Un approccio preciso, quasi chirurgico, ma senza bisturi, che potrebbe rivoluzionare il nostro modo di affrontare non solo l’epilessia, bensì anche disturbi psichiatrici come depressione e ansia.

A riportare tutti con i piedi per terra ci ha pensato Simonato. «Un cervello ha 150mila miliardi di connessioni. È un vero e proprio casino là dentro», ha detto ridendo. Non è un caso se nei primi anni 2000 la ricerca sulle terapie geniche si sia quasi bloccata: i rischi erano troppo elevati, in particolare quello di provocare tumori inserendo nuovi geni nel DNA. Oggi, però, la tecnologia è cambiata. I nuovi vettori non alterano direttamente il genoma, riducendo drasticamente i pericoli. La sfida è ancora enorme, ma c’è la sensazione che una porta si stia aprendo.

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