“Traduzione è farci caso”. Così Susanna Basso, domenica 17 ottobre al Salone del Libro, introduce il suo lavoro condividendo la risposta di un suo studente alla domanda “Che cos’è per voi la traduzione?”. Susanna Basso è una docente italiana e ha tradotto dall’inglese le opere di numerosi autori tra cui Ian McEwan, Kazuo Ishiguro e Ellis Monroe. Nel 2016 ha ricevuto l’incarico di tradurre tutti i romanzi di Jane Austen da pubblicare in due Meridiani editi Mondadori: a questa notizia si è sentita tremare, impazzire, tanto da “voler tentare la fuga”. L’interprete, quando ha ricevuto il pacco con i sette libri dalle copertine tutte uguali da tradurre, si è sentita schiacciata e oppressa dall’impresa che la aspettava. Per curiosità, racconta, il primo romanzo che ha preso in mano è stato Sense and sensibility da cui è rimasta colpita per le numerose pagine di note: queste sono un genere letterario sottovalutato la cui importanza dovrebbe essere riconsiderata non solo a livello accademico ma anche per piacere e informazione.
Jane Austen non si declina intorno a un unico nucleo narrativo, infatti i suoi testi presentano molteplici differenze: ad esempio in Sense and sensibility l’atmosfera è resa dall’utilizzo preponderante delle concessive, al contrario in Northanger Abbey l’uso delle consecutive ricrea il senso dell’umorismo dato dallo sbilanciamento di cause ed effetti.
Nonostante Susanna Basso abbia trascorso dodici anni a tradurre le opere di Ellis Monroe, quasi contemporanea a lei, dice di non conoscerla tanto quanto Jane Austen vissuta invece nel diciannovesimo secolo. La scrittrice ottocentesca non ha trascorso una vita inutile, al contrario di ciò che si pensa, perché, pur non essendosi sposata e non avendo avuto figli come le imponeva la società, il suo vissuto erano le sue scelte e i suoi romanzi. Infatti dalla vita stessa dell’autrice di Pride and Prejudice, si coglie che il lieto fine non è il matrimonio in sé ma la fortuna di trovare amore e eredità, come succede a Elizabeth Bennet con Mr. Darcy.