Con il suo nuovo giallo Andrea Pennacchi si racconta: la passione per Shakespeare, la terra natia e l’amore per il teatro.
Durante la conferenza per la presentazione del suo libro, dialogando con la giornalista Federica Augusta Rossi, l’autore dichiara fermamente di non essere un esperto di Shakespeare, quanto, piuttosto, un appassionato. Incontra per la prima volta la figura del drammaturgo durante i suoi studi all’Università di Padova; proprio in questa città ambienta la sua reinterpretazione di Romeo e Giulietta, estrapolandola dal contesto veronese: nel Cinquecento, infatti, l’università di trova a Padova e non a Verona.
Durante la lettura incontriamo Will, figlio di un guantaio, non ancora il grande autore che conosciamo oggi, ma un semplice giovane che si deve ancora conoscere a pieno, che solo sperimentando scoprirà chi è davvero Shakespeare. Insieme a Will, anche Pennacchi si scopre e scrive teatro: il suo non è il classico modo di approcciarsi a un romanzo, infatti segue regole con cui si sente più a suo agio. La stesura veloce e dinamica, tipica della scrittura teatrale, gli permette di inserire la sua caratteristica vena comica. Ne fa da esempio la figura di Vincenzo Saviolo, personaggio storico che viene trasformato dall’autore: il nobile padovano diverte il lettore con i continui tentativi falliti di pronunciare correttamente il nome dell’amico inglese.
Il teatro è anche il mezzo attraverso il quale Pennacchi riesce a vedere il mondo in maniera più piena e con il quale riesce a toccare temi che altrimenti sarebbero per lui complessi da affrontare.
Ma è anche grazie alla lettura che si arricchisce: è prima lettore che scrittore. Il titolo stesso “Se la rosa non avesse il suo nome” è un omaggio a “Il nome della rosa” di Umberto Eco.
Infine, un’altra interessante chiave di lettura del romanzo è il rapporto tra arte e scienza, entrambe al bivio con la magia. Il Cinquecento, infatti, è di certo un secolo di grandi innovazioni scientifiche, ma non solo: così come Galileo scopre il cosmo, Shakespeare scopre l’umano. L’autore, però, non spiega a fondo questo tema, perché ribadisce l’importanza di lasciare al lettore un adeguato spazio interpretativo. Così si conclude la conferenza tenutasi sabato 20 settembre in occasione di pordenonelegge.
Anna Di Pinto, Livia Padoani, Liceo M. Grigoletti.