Questa è l’idea di Tonino, protagonista del romanzo “Le cose umane” di Antonio Pascale edito da Einaudi. Tonino, infatti, è uno scrittore romano che non riesce ad arrivare a fine mese, ma deve comunque mantenere i suoi genitori residenti a Caserta.
Nel mese di agosto realizza la gravità della situazione in famiglia e, secondo la sua disponibilità economica, si rende conto di poter visitare i suoi genitori solo altre sette volte. Infatti, i due anziani sono molto malati, soprattutto la madre che, affetta da demenza senile, si è ormai arresa: la donna passa le giornate in casa con tutte le finestre chiuse, al buio, con la speranza che, dormendo, la morte la raggiunga più velocemente.
I lunghi tragitti in treno, il tempo passato con i genitori e il ritorno a Caserta permettono a Tonino di sentire la voce dell’infanzia più vicina, di riconnettersi con la sua città, palestra di vita, che è allo stesso tempo accogliente ma bloccante. La riconciliazione con Caserta suscita in lui molte domande da cui scaturiscono diverse riflessioni; quella di cui ci parla lo scrittore riguarda il pessimismo: spesso può aiutare ad abbattere l’ansia ed evitare la nascita di false speranze.
Nel corso dell’intervista, Antonio Pascale ci ha spiegato di essersi ispirato in larga misura alla propria esperienza personale, così come per la scelta dei luoghi e dei personaggi. Lo scrittore definito “introvabile” da Ester Viola, ci ha raccontato infine della sua idea sulla struttura del libro: tante storie brevi ognuna diversa, senza una funzione definita, perché il mondo cambia e noi raccontiamo sempre le stesse storie.