Scaffale

Il Minotauro


Caterina Prandi


Autore/Autrice del libro

Friedrich Dürrenmatt

Editore

Marcos y Marcos

Titolo del libro

Un labirinto, lo scontro tra l’eroe e il mostro, un essere metà uomo e metà toro, l’eterno conflitto tra il bene e il male. Sono gli elementi su cui Friedrich Dürrenmatt costruisce uno dei suoi racconti più suggestivi ed inquietanti: Il Minotauro (1985).  La narrazione inizia in medias res, con il Minotauro accovacciato di fronte alla sua immagine e all’immagine delle sue immagini, condannato alla solitudine: il labirinto infatti è fatto di specchi, per cui la strana creatura che lo abita è incapace di distinguere il sogno dalla realtà. Egli è un essere intermedio, né del tutto uomo né del tutto bestia, ma soprattutto privo di coscienza di sé. Non è solo il mostro che divora fanciulli: è un bizzarro e mostruoso ballerino che danza in mezzo a una moltitudine di cloni, ignaro della propria natura e della propria identità. Solo quando scorge, tra le immagini danzanti, quella di una fanciulla, comincia a capire che non esistono solo Minotauri: scopre la gioia di non essere più solo, e la gioia si fa danza. È attratto dalla ragazza, ma nell’unirsi a lei la uccide perché non ha controllo sui suoi istinti e sulla sua forza. Ma poi viene trafitto da Teseo e inizia per lui l’amara scoperta della propria identità e diversità. Comincia a provare disagio, si rende conto d’essere ingabbiato e la rabbia gli fa mandare in frantumi le pareti di vetro del labirinto e le sue immagini riflesse. Intuisce di essere solo: «l’unico, l’escluso e rinchiuso insieme». Avverte di non essere amato, perché nel mondo non c’è spazio per uno come lui, diverso. Si arriva così al paradosso della vicenda: proprio nel momento in cui il Minotauro acquista piena coscienza di sé e degli altri, viene ingannato: Teseo si traveste da Minotauro e inganna così il vero Minotauro, che si fida danza «la sua felicità». Ma poi, quando si getta tra le braccia del finto amico, questi lo colpisce con un pugnale e lo uccide.

Perché leggere questo libro

Per l’originale rilettura del mito: nel mito tradizionale la lotta del Minotauro con l’eroe è sempre stata vista come il trionfo dell’astuzia sulla forza, della ragione sull’istinto. Dürrenmatt invece deforma il mito, mortificando la figura di Teseo ed esaltando quella del Minotauro: l’eroe, che è venuto per uccidere, prova un senso di vergogna davanti al candore del mostro, ma poi lo uccide ugualmente, e per di più con l’inganno, approfittando della sua incapacità di riconoscere la falsità. Il Minotauro, d’altro canto, muore senza difendersi, come una vittima sacrificale, oppresso fino in fondo.

Una frase del libro da conservare

Il minotauro proruppe in un grido di gioia per non essere più l’unico, il contemporaneamente escluso e rinchiuso, perché c’era un secondo minotauro, non soltanto il suo Io, ma anche un Tu. Il minotauro cominciò a danzare. Danzò la danza della fratellanza, la danza dell’amicizia, la danza della sicurezza, la danza dell’amore, la danza della vicinanza, la danza del calore. Danzò la sua felicità, danzò la sua dualità, danzò la sua liberazione, danzò il tramonto del labirinto, lo sprofondare fragoroso di pareti e specchi nella terra, danzò l’amicizia fra minotauri, animali, uomini e dèi, il filo rosso di lana avvolto fra le corna, danzò attorno all’altro minotauro che tese il filo rosso di lana, trasse il pugnale dalla guaina di pelo senza che il minotauro se ne accorgesse …

L’autore/autrice di questa recensione viene da

Bologna

Scuola

Liceo Classico Luigi Galvani

Un labirinto, lo scontro tra l’eroe e il mostro, un essere metà uomo e metà toro, l’eterno conflitto tra il bene e il male. Sono gli elementi su cui Friedrich Dürrenmatt costruisce uno dei suoi racconti più suggestivi ed inquietanti: Il Minotauro (1985).

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