Una cosa che ti ha colpito
Quello che m’interessa è che si viva e che si muoia di quello che si ama.
Una frase del libro da conservare
Ecco: lei è la capacità di morire per un’idea, è visibile a occhio nudo. Ebbene, io ne ho abbastanza delle persone che muoiono per un’idea. Non credo all’eroismo, so che è facile e ho imparato ch’era omicida. Quello che m’interessa è che si viva e che si muoia di quello che si ama.
“ Ecco: lei è la capacità di morire per un’idea, è visibile a occhio nudo. Ebbene, io ne ho abbastanza delle persone che muoiono per un’idea. Non credo all’eroismo, so che è facile e ho imparato ch’era omicida. Quello che m’interessa è che si viva e che si muoia di quello che si ama. ”
Ne La Peste uno dei temi di maggior rilievo è il dibattito sull’eroismo: Albert Camus, pur alludendo alla Seconda guerra mondiale attraverso la metafora della peste di Orano, sceglie consapevolmente di non rappresentare i personaggi secondo l’accezione moderna dell’eroe. L’autore ha una concezione dell’uomo che antepone la semplicità delle azioni dell’individuo alle imprese gloriose ed eroiche. Facendo riferimento al passo sopra citato, pronunciato dal giornalista parigino Raymond Rambert, rimasto bloccato ad Orano, lontano dalla donna amata, Camus intende affermare il proprio dissenso in relazione all’eroismo e agli uomini che muoiono per un ideale, poiché ritiene che l’uomo abbia la possibilità e il dovere di vivere e morire per ciò che ama. Dunque si discosta dal topos letterario che altri autori del pensiero occidentale hanno frequentemente trattato: basti pensare ai poeti della Grecia arcaica del VI/V secolo a. C. che, nei loro componimenti, mettono in risalto la figura dell’eroe, inteso come colui che combatte per la propria πόλις ed è pronto a sacrificare la propria vita per gli altri e per la patria, al fine di un bene comune. A differenza di Camus, nella civiltà greca, la bontà si concilia con la bellezza: gli eroi valorosi vengono rappresentati da uno splendore disarmante. In Simonide, per esempio, la virtù non si consegue perché si ragiona bene o perché si è colti, ma essa appartiene soltanto a chi è moralmente impegnato, si afferma con consapevolezza che la virtù va conquistata e non si ha per nascita. Se pensiamo ad autori a noi più recenti, uno dei più celebri che affronta il motivo della peste è Alessandro Manzoni ne “I promessi sposi”. Egli ha una concezione dell’eroe ben diversa rispetto a quella degli autori precedenti, che si colloca nell’ideologia della letteratura romantica; l’eroismo manzoniano è strettamente connesso alla religione che garantisce, dopo la “morte terrena”, l’inizio della vita trascendente di cui Dio è garante di giustizia. Il ruolo di Renzo, infatti, è affine a quello di un “eroe cercatore” in un contesto dominato dalla morte, dalla corruzione e dal disordine. Renzo, dunque, è coinvolto in una “ricerca” e, attraverso un viaggio di formazione, riesce ad emanciparsi. Un’altra figura del capolavoro manzoniano, che si discosta dall’ideale tradizionale di eroe, è Frate Cristoforo: egli, infatti, non subisce le ingiustizie in modo passivo, ma si adopera per superarle, animato da un profondo senso di giustizia, di amore verso i più deboli e dall’impegno instancabile verso la loro difesa. Fra Cristoforo è espressione della virtù dell’uomo ed è la figurazione del Bene, per questo il suo ruolo all’interno del romanzo può essere interpretato come la chiave di lettura del tema della divina provvidenza.