Una cosa che ti ha colpito
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Una frase del libro da conservare
Una frase che conserverò sicuramente e a cui ripenserò di certo è “Così non c’erano più destini individuali, ma una storia comune costituita dalla peste e sentimenti condivisi da tutti”. Se si potesse tornare indietro e avere ancora la possibilità di incontrare Camus, una domanda da porgli sarebbe quella di chiedergli se, secondo lui, questo senso di condivisione di cui parla sia solamente positivo o se un po’ di sano individualismo non sarebbe male. A mio parere, il fatto di trovarsi “sulla stessa barca”, come detto dallo stesso autore nel corso del libro, e di condividere un’esperienza sconvolgente come la peste non può che unire le persone, aumentare il senso di solidarietà e rendere molto meno difficile la situazione. Mi chiedo, però, anche se il fatto di vivere tutti gli stessi sentimenti sia da considerarsi solamente positivo o nasconda qualcosa di negativo. Una volta mi è capitato di lamentarmi e commiserarmi per qualche problema al di fuori del Covid e di ricevere come risposta un banale “pensa a chi si trova in ospedale affetto da Covid e non ti lamentare, i tuoi problemi in confronto non sono nulla di grave”; è giusto, però, che al di fuori dell’ansia, dell’angoscia e della preoccupazione causata dalla pandemia e condivisa da tutte le singole persone non si possano avere delle personali questioni e soprattutto non le si possa manifestare e condividere esattamente come si fa con quelle legate alla pandemia? Sarebbe molto interessante chiedere all’autore cosa intendesse con questa sua affermazione!
Commento al libro La Peste di Camus