Una cosa che ti ha colpito
Ciò che ho apprezzato molto è stata l’accuratezza della descrizione di una epidemia che, benché lontana nel tempo, appare molto simile alla nostra. M’incuriosisce sapere se i futuri sviluppi di quella che stiamo noi vivendo possano essere simili alla risoluzione di quella nel romanzo. Mi riferisco soprattutto al raptus di follia di Cottard che spara sulla folla. Egli aveva lucrato sulla situazione e quindi aveva interesse a far sì che l’epidemia continuasse.
Un’altra cosa che ti ha colpito
Un altro tema che mi ha colpito è stato quello dell’uguaglianza, soprattutto alla fine del romanzo: il narratore descrive le lacrime che scorrono durante gli abbracci nei momenti della ricongiunzione, dice che non si sa se provengono dalla felicità o dal dolore troppo a lungo represso.
Ma è sbagliato credere che le persone siano rimaste le stesse. Il dolore le ha cambiate: il distacco patito ha generato un senso di angoscia che permarrà in tutti loro.
La morte colpisce gli uomini indifferente ai livelli sociali a cui appartengono, anche la gioia della liberazione stabiliva una temporanea uguaglianza . Se la prima, però, non rende gli uomini realmente uguali dato che per il dolore l’uomo si isola, la seconda stabilisce un’uguaglianza tra gli stessi, ma di brevissima durata.
Una frase del libro da conservare
Benché un flagello sia un accadimento frequente, tutti stentiamo a credere ai flagelli quando ci piovono addosso.
Leggere questa frase ne “La Peste” oggi, al tempo del Coronavirus, lascia sbigottiti e spaventati per il termine frequente e nel riscontrare la veridicità nell’enunciare la nostra incredulità, nel voler sottolineare che quando si è nel centro di una tale tempesta, si voglia allontanarla dalla nostra consapevolezza cercando di negare l’evidenza per ridimensionare le implicazioni tragiche che porta con sè. Non siamo mai preparati, non sappiamo come ci si salva.
Si può negare e illudersi, si può fuggire illegalmente e fisicamente, ci si può rivolgere alla religione e trovare conforto nella fede, si può speculare e approfittare egoisticamente del male cercando vantaggi personali, si affronta il proprio dovere per rispondere alla propria coscienza senza vergognarsi, …
Nel libro Camus analizza le scelte mettendo in scena personaggi che incarnano questi possibili comportamenti, sempre con un occhio oggettivo e staccato quasi cercando di perdonare la loro umanità.
- “La terribile impotenza di ogni uomo nel condividere davvero una sofferenza che non può vedere”
La distanza rende estranei, non permette di condividere, di raccontarsi, di conoscersi, di entrare in empatia e di sentire il dolore dell’altro.
È una forma di ignoranza che porta alla malvagitá.
Per Camus l’uomo non è malvagio ma pratica la crudeltà per ignoranza, perché non sa . Quando si comprende la verità di una situazione non ci si può esimere dal fare ciò che deve fare.
Se questo libro fosse una canzone
Giorgio Gaber La peste
Testo
Un bacillo che saltella
Che si muove un po’ curioso
Un batterio negativo
Un bacillo contagioso
Serpeggia nell’aria
Con un certo mistero
Le voci sono molte
Non è proprio un segreto
La gente ne parla a bassa voce
La notizia si diffonde piano
Per tutta Milano
La gente ha paura
Comincia a diffidare
Si chiude nelle case
Uno scoppio di terrore
Un urlo disumano
La peste a Milano
A Milano c’è gente che muore
La notizia fa un certo scalpore
Anche in provincia si muore
La peste si diffonde adagio
Poi cresce e si parla di contagio
C’è il sospetto che sia un focolaio
Che parte dal centro e si muove a raggiera
Dilaga dovunque la peste nera
È scoppiata un’epidemia di quelle più maligne
Con bubboni che appestano uomini, donne e bambini
L’infezione è trasmessa da topi usciti dalle fogne
Ma hanno visto abilissime mani lanciarli dai tombini
Son le solite mani nascoste e potenti
Che lavorano sotto, che son sempre presenti
La gente si difende disperata
La peste incalza, viene avanti
Si dilaga, si scatena agguerrita
È anche peggio di quella del venti
La peste ci viene addosso
La peste non si ferma più
Morti dappertutto
Che vengono ammassati come animali
Non fa neanche più effetto
Sono cose normali
Si fotografano i cadaveri
Non fa neanche più schifo
Ci si lava, ci si pettina
Si esce, si va al bar
Si scansano i cadaveri
Non ci fai più caso
Ci si abitua così presto
In fondo ne muoiono tanti
Anche al week-end di ferragosto
Un bacillo a bastoncino
Che ti entra nel cervello
Un batterio negativo
La dinamica è la stessa che abbiamo visto nel romanzo e nella vita quotidiana dell’ultimo anno e mezzo: all’inizio l’uomo non crede alla pandemia, poi ne ha paura e poi ci si abitua. Gaber si concentra soprattutto sull’ultima fase, ormai l’uomo si limita a scansare il morto per fare ciò che deve fare. Anche in questa canzone il fascismo è paragonato alla peste, ma quella a cui si riferisce Gaber è un’altra “epidemia”: io vi vedo il capitalismo, qui l’uomo persegue incurante i propri fini scansando le vittime di una ricerca spasmodica di ricchezza.
Se ti è piaciuto il libro, leggi o guarda anche
Dallas Buyers Club
È un film molto simile, ma anche diverso dalla Peste di Camus per molti aspetti.
Ha in comune il fatto di parlare di una epidemia, in questo caso quella dell’HIV alla fine del secolo scorso.
Oltre ciò, un altro punto è in comune è l’assenza della cura. Nella Peste l’antidoto non è inviato da Parigi e quello realizzato in loco è inefficace, in Dallas Buyers Club non è stato approvato dalla FDA pertanto non può essere somministrato. Inizia così l’attività di contrabbando del protagonista, il rude texano Ron Woodroof: fonda il Dallas Buyers Club, un’associazione i cui iscritti pagano una retta di 400 dollari mensili per avere tutte le medicine di cui hanno bisogno.
Vi è una sostanziale differenza con la Peste: la malattia non riguarda tutti ma solo una quantità limitata di persone appartenenti a quella che era considerata la “feccia”. Si unisce quindi il tema del disprezzo, tanto che il protagonista non vuole accettare di avere tale malattia dato che condivisa con gli omosessuali.
Il romanzo è stato scritto nel 1947dallo scrittore algerino Albert Camus, insignito del premio Nobel per la Letteratura nel 1957 per aver trattato “ i problemi che si impongono alla coscienza umana”.
Camus scrisse diverse opere esistenzialiste.