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‘’E com’era che il macchinista non l’aveva visto? Poteva essere che il treno l’avesse preso abbastanza forte da sbalzarlo via, ma non da ucciderlo sul colpo? Pensai io che forse era andata proprio così, con la giusta combinazione di circostanze.
Magari il treno lo aveva preso bello forte di striscio, mentre lui cercava di scansarsi? Lo aveva preso e gli aveva fatto fare un volo carpiato oltre la parte franata della massicciata? Magari era rimasto lì al buio per ore, cosciente e tremante, non solo perso ma anche disorientato, tagliato fuori dal mondo?
Forse era morto di paura’’.
Siamo partiti per l’avventura insieme ai ragazzi e con loro siamo diventati più consapevoli della morte. La morte violenta. In pochi conoscono davvero e hanno visto un orrore del genere. Di solito ne veniamo a conoscenza nelle notizie di cronaca, di guerra o ne sentiamo parlare in giro, ma in nessuno di questi casi riusciamo a figurarci l’immagine effettiva di un cadavere; ci è impossibile proiettare nella mente la forza, la crudezza o la realtà della morte. Se ci venisse raccontata la guerra in un articolo di giornale, potremmo avere un’idea delle migliaia di corpi accasciati per le strade ma non potremmo mai calarci emotivamente in quella scena né comprendere a fondo la morte.
Invece il libro ha fatto in modo che ciò potesse accadere: ci è stato possibile essere partecipi del dolore, della paura e delle domande che tormentavano i ragazzi alla vista di un vero cadavere. Tutto ciò ha portato a un cambiamento della sensibilità, sia nostra che dei protagonisti, nei confronti della morte.