Il libro “LA PESTE” ci ha fatto rivivere i momenti passati in questi due anni.
All’inizio del libro anche la gente di Orano sottovaluta la peste come abbiamo fatto noi con il Covid-19; infatti, durante il primo periodo della pandemia, la gente esce in piazza, va alle feste, nei bar, nei negozi e poi continua ad uscire ed entrare nella città di Orano; ma, soprattutto i politici, non credono al ritorno della peste, anche se il medico Rieux e il collega Castel suppongono che ci sia di nuovo. Il medico Bernard Rieux lo capisce perché nella città di Orano iniziarono a morire oltre seimila ratti, ma si convince che tutta la popolazione sta rischiando la vita quando il portinaio Michel si ammala in modo gravissimo e nessuna medicina lo può curare. Oltre a lui, iniziano a morire sempre più persone, con gli stessi sintomi di Michel: da ciò capiscono che è davvero peste.
“Dichiarate lo stato di peste. Chiudete la città”: da qui inizia il vero senso della peste, il vero senso del Covid-19 al giorno d’oggi. Quest’episodio mi fa ricordare l’inizio della pandemia, quando siamo stati chiusi nelle nostre case da un giorno all’altro, senza poter uscire, senza vedere i nostri cari, i nostri amici, senza andare a scuola o al lavoro, senza poter vivere la vita che vivevano prima del Covid-19. Questa pandemia ha messo paura sia a noi, la nuova popolazione, sia a quella di Orano, perché non conoscendo la malattia, non avendo una cura ci siamo tutti spaventati, siamo stati tutti nella stessa situazione, abbiamo provato gli stessi sentimenti: il dramma della separazione da una persona amata è diventata, improvvisamente, quello di un’intera popolazione; la paura, il dolore, l’insicurezza, la depressione, la solitudine, la fede, la speranza, questi sentimenti li abbiamo provati sia noi, sia la popolazione di Orano. Molte cittadini di Orano hanno pensato che la peste fosse una punizione divina e hanno cercato il perdono con riti e preghiere, ma anche così, la situazione non è cambiata, ogni giorno morivano delle persone ed i medici come Rieux diventavano sempre più stanchi e tristi, perché oltre a vedere delle persone morire, erano lontani dai loro cari e questo li intristiva. Durante il periodo del coronavirus molti medici, infermieri si sono imbattuti in questa situazione, nel passare anche ventiquattro ore in ospedale a veder morire davanti ai propri occhi molte persone e a riuscire a salvare in qualche modo le vite di poche altre, stando lontano dai propri famigliari. Questo libro è molto realistico, sensibile ed intenso, ed è riuscito a farmi entrare a far parte di questa vicenda perché mi sono trovata a rivivere le stesse esperienze, emozioni, momenti vissuti nel periodo del Covid-19. Proprio per questo posso dire che mi è piaciuto molto e lo consiglio vivamente, soprattutto per fare una comparazione tra ciò che è successo a Orano e ciò che successo a noi, al giorno d’oggi. Questo testo riesce ad arrivare fino al cuore, perché le emozioni descritte e suscitate sono grandi, e ripensare a tutto ciò che abbiamo passato mi fa star male, perché abbiamo perso persone a noi care, abbiamo perso due anni della nostra vita a stare in casa ad avere paura e a non saper cosa fare, ma abbiamo capito il vero senso di una pandemia ed il verso senso di essere delle persone responsabili.