L’isola di Arturo è uno dei romanzi più famosi di Elsa Morante. È stato scritto nel 1952 e rientra in vari generi: formazione, memoriale. È ambientato nel 1938, a Procida, e racconta l’adolescenza di Arturo. Il protagonista cresce nel corso del libro, vivendo le prime delusioni e il primo amore e raccontando le sue emozioni e i suoi pensieri in modo dettagliato e sincero; grazie alla narrazione in prima persona, il lettore si immedesima nel protagonista, facendo proprie le sue emozioni. I fatti sono narrati in analessi, in quanto il protagonista racconta la sua infanzia e degli episodi particolarmente importanti nella sua giovinezza per poi passare a raccontare gli eventi cronologicamente. Arturo racconta dei suoi primi sedici anni di vita, di cui gli ultimi due descritti accuratamente, mentre dei precedenti quattordici vengono citati solo pochi avvenimenti. Arturo è legato alle fantasie bambine e alle sue Certezze Assolute. Rimarrà molto deluso quando le sue certezze crolleranno nel momento in cui scoprirà l’omosessualità del padre, le bugie raccontategli circa i suoi viaggi eroici, l’amore non ricambiato e dal mancato mantenimento della promesse fattegli dal padre. Lo stile è nel complesso semplice: il linguaggio è scorrevole e medio. Per quanto emozionante, ho trovato il libro in alcune parti l’ho trovato un po’ pesante, forse nelle pagine colme di descrizioni o quando la scrittrice descrive la vita vuota e monotona di un bambino che diventa uomo contando esclusivamente sulle proprie spalle. Nonostante tutto, però, lo consiglio perché è un libro che rispecchia anche i tempi che stiamo vivendo.