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SOSTIENE PEREIRA
Nel romanzo fabula e intreccio coincidono: l’intero romanzo vuole, infatti, mostrare la graduale presa di coscienza del protagonista.
Si viene introdotti nella quotidianità di Pereira, fatta di limonate dolcissime, omelette speziate e della redazione della pagina culturale del “Lisboa”. Ma dal momento in cui vi si introducono due giovani fidanzati (Monteiro e Marta) che si vogliono ribellare al silenzio imposto dal Portogallo del 1938 (la vicenda è ambientata, infatti, sotto la dittatura di Salazar), l’animo del protagonista inizia la sua silenziosa rivolta. É tramite il dialogo con il dottor Cardoso che si affascina ad una teoria (la ‘’confederazione delle anime’’) la quale propone che l’interiorità del singolo dispone di molteplici anime tra le quali non è altro che l’anima egemone a governare. Sempre piú forte diventa l’attenzione da prestare al presente e, dunque, alla vita (dal quale il necrologo si teneva distante); nonostante non potesse ancora far nulla di attivo per contrastare le cattiverie del regime attuale. Poco alla volta, acquisendo proporzionalmente conoscenza, si lascia coinvolgere dall’intraprendenza dei due ragazzi. Quando, peró, inaspettatamente, Monteiro viene ucciso nella stanza accanto alla sua, Pereira comprende, finalmente, che non c’è piú tempo da perdere: deve abbandonare quel suo pesante passato che, ormai da anni, si tira dietro (vi allude, metaforicamente, la sua obesità). Parte da anonimo giornalista e termina come coraggioso eroe: firma col suo nome la denuncia di quel tremendo omicidio vissuto.
La narrazione segue, scorrevole, il passo di Pereira nella Lisbona asfissiante del 1938 (tempo storico). Il luogo, presentato con funzione mimetica ed evocatrice, diventa quasi personaggio: temperature elevate e colori caldi rendono immobile l’intero quadro, come richiamando quel clima politico che doveva essere di certo opprimente. Mentre gli ambienti interni trasudano segretezza, intrighi e lutti (il ritratto della moglie).
Il narratore è esterno e la focalizzazione interna. la voce narrante, in particolare, fa pensare che sta riportando le parole che, apparentemente, pronuncia lo stesso Pereira durante un ipotetico dialogo: questo spiega la ritmica insistenza del “ritornello” sostiene Pereira.
Il discorso diretto si alterna frequentemente a quello indiretto, rendendo piacevole, anche se non sempre dinamica, la narrazione.
Il registro linguistico è medio-alto: tra momenti di descrizione naturalistica, dialoghi semplici con il gestore del suo ristorante preferito, piú elevati (anzi, filosofici) con il dottore e pacati e quotidiani con il ritratto della moglie…
Commento
Gli spunti di riflessione offerti da Sostiene Pereira di Tabucchi sono vari.
Innanzitutto si evince come sia difficile tentare di estraniare il letterato dalla sua epoca storica: il tentativo di tenersi distaccato permetterebbe solo la creazione di una letteratura “stonata”. Viene tessuto, infatti, uno stretto legame tra l’interiorità del protagonista e il regime totalitario in cui è immerso. Viene mostrata la Storia da un diverso punto di vista: la coraggiosissima lotta della letteratura. Porta a riflettere su quanto potesse essere subdolo l’intervento di quel potere che riesce a creare masse spersonalizzate: esistenze passive, alienate per la loro “ignoranza” (poiché o evitano di informarsi o decidono -è sempre, di sicuro, la scelta più comoda- di “far buon viso a cattivo gioco”).
Pereira sostiene: “e chi poteva avere il coraggio di fare una notizia del genere […]? Nessuno, perché il paese taceva, e intanto la gente moriva e la polizia faceva da padrona”.
Ed è in questo momento che conta l’audacia di chi decide di opporsi, di rifiutare di farsi rubare l’identità, di guardare, di raccontare e di combattere. Insomma, sostiene una sua opinione. E’ presente nel proprio tempo.
Un messaggio simile, per quanto sfocia in un cupo pessimismo, lo si può riscontrare in due eccezionali esempi di romanzo distopico: 1984 di George Orwell e in Fahrenheit 451 di Ray Bradbury . Inoltre, di altri romanzi che svelano le sventure del Novecento ce ne sono molti: ad esempio la Storia di Elsa Morante (raccontata tramite gli occhi di una dolce ma decisa mamma) o anche quella stessa corrente italiana dell’Ermetismo può essere vista come estremo rifiuto dell’opprimente regime fascista (la poesia ne esce enigmatica, incomprensibile, chiusa, difatti, ermeticamente in se stessa).
Nel percorso di questo romanzo non solo Pereira ma anche il lettore acquisisce consapevolezza: ognuno, per quanto incerto, dubbioso o ancora legato al proprio passato, ha la capacità e la libertà di scegliere (concetto che oggi, purtroppo, è dato per scontato). Ognuno deve avere fiducia nella possibilità di trovare un suo ruolo nella società: deve vivere nel presente ma ricordare il passato.
C’è sempre tempo per prendere in mano la propria vita, basta accorgersi di ciò che si ha intorno, lasciarsi governare dall’anima egemone, avere il coraggio di capire di dover cambiare; Pereira sostiene “in che mondo vivo? E gli venne la bizzarra idea che lui, forse, non viveva, ma era come fosse già morto.”
Il giornalista, accortosi, dunque, di star percorrendo una via che sentiva già ormai segnata, come una sorta di destino inamovibile e ineluttabile, un vero e proprio manichino che vagabonda per la città (si richiamino alla mente i componimenti dei vociani, in particolare Sbarbaro, e le tele degli avanguardisti metafisici) è come se avesse subito una rivelazione, un epifania. La terminologia non risulta nuova se si ha in mente la produzione di un rivoluzionario come James Joyce (si pensi a Gente di Dublino o all’Ulisse), le novelle di Pirandello -nelle quali i personaggi vengono per la prima volta a contatto con la “vita” attraverso un evento che scatena in loro una rivolta interna- o ne La terra desolata di Thomas Stearns Eliot (una devastante rappresentazione di una Londra alienata, popolata di automi inetti e insensibili); in tutti e tre i casi, in fin dei conti, tenendo chiaramente conto di tutte le differenze, le soluzioni proposte da questi tre diversi autori presentano molte analogie con il caso di Pereira.
Esce dalla sua paralisi e perciò riflette sul significato che lui vuole dare alla sua letteratura: da rifugio dalla realtà a mezzo conoscitivo e di lotta molto potente.