Il corpo 2025, Laboratorio, Un libro tante scuole

“Le cose più importanti sono le cose difficili da dire”


Rossana Nicolosi, Hilary Spampinato, Rosy Cosentino

Liceo delle scienze umane “I.I.S. M.Rapisardi” - Paternò - Santa Maria di Licodia

Nome Scuola

Liceo delle scienze umane “I.I.S. M.Rapisardi” - Paternò

Città Scuola

Santa Maria di Licodia

“Il corpo” di Stephen King, scritto nel 1982, ci riporta all’estate del 1960 attraverso gli occhi del protagonista, che ripercorre gli eventi che gli cambiarono la vita. Insieme ai suoi amici Chris Chambers, Teddy DuChamp e Vern Tessio, il ragazzo intraprese un viaggio alla ricerca del corpo di un coetaneo scomparso. Questa ricerca si trasformò in un’avventura che li mise di fronte alle loro paure, ai loro sogni e alle loro fragilità nascoste. A narrare in prima persona è Gordon “Gordie” Lachance, uno scrittore di mezza età a cui è rimasto vivido il ricordo di quell’esperienza fondamentale della sua infanzia.

Il racconto si svolge a Castle Rock, nel Maine. Quando Gordie aveva solo dodici anni. Il suo migliore amico era Chris Chambers, un ragazzo intelligente ma con la reputazione di delinquente per via della sua famiglia. C’erano anche Teddy Duchamp, figlio di un veterano mentalmente instabile che gli aveva bruciato l’orecchio sulla stufa, e Vern Tessio, un ragazzo un po’ goffo e ingenuo.

Tutto inizia quando Vern, scavando sotto il portico di casa sua (dove aveva nascosto dei centesimi), sente suo fratello e un amico parlare di un corpo trovato nel bosco: si tratta di Ray Brower, un ragazzo scomparso da giorni, probabilmente morto poiché colpito da un treno. I due avevano trovato il cadavere ma non l’avevano detto alla polizia per non mettersi nei guai. Vern corre subito a raccontarlo ai suoi amici. 

Decisi a trovare il corpo, i quattro ragazzi intrapresero un lungo cammino a piedi lungo i binari del treno. La loro ambizione era vivere un’avventura che li avrebbe fatti ricordare come “i ragazzi che hanno trovato Ray Brower”. Ma quel viaggio, inizialmente immaginato come una spensierata avventura estiva, si rivelò un intenso rito di passaggio segnato da innumerevoli difficoltà.

Una notte, accampati nel bosco, emersero paure, ricordi e confidenze, quella stessa notte Gordie racconta ai ragazzi una storia inventata (un racconto nel racconto) su un ragazzo grasso che si vendica durante una gara di torte.

Ma le avventure non finiscono mica qui, i quattro giovani avranno a che fare con un branco di cani, avranno uno scontro con un custode arrabbiato in una discarica, finiranno in una palude piena di sanguisughe (dove Gordie scoprirà di averne una nei pantaloni ahah), verranno quasi investiti da un treno mentre attraversavano un ponte, insomma, chi più ne ha più ne metta. Ma più che le avventure, ciò che stupisce il lettore, è il rapporto che si crea tra i ragazzi. 

Gordie, infatti, è ancora traumatizzato dalla morte del fratello maggiore, Denny, che era il figlio preferito dei genitori. Si sente invisibile e non amato. Mentre Chris, nonostante sia molto sveglio e capace di cavarsela, crede che il suo destino sia già segnato a causa del peso del suo cognome. 

La stessa notte in cui i giovani si trovavano accampati nel bosco, Chris riesce ad aprirsi con Gordie, gli confessa che, anche se nessuno crede in lui, vorrebbe diventare qualcuno; al tempo stesso incita l’amico (Gordie) affermando che ha il talento per essere uno scrittore, ma deve smettere di cercare approvazione. È un passaggio molto toccante, sia per lo scrittore stesso che per il lettore che rivive quel momento. Quella notte segna una svolta nella loro amicizia. 

Alla fine del romanzo i ragazzi trovano davvero il cadavere di Ray Brower, in una radura nei boschi. Ma poco dopo arrivano anche Ace Merrill e la sua banda (ragazzi più grandi e pericolosi). C’è un confronto tra Ace, che vuole prendersi il merito del ritrovamento, e Gordie, che, armato di una pistola trovata in casa, riesce a farli andare via. Dopo aver pensato a lungo su cosa fare, decidono di non dire a nessuno dove si trova il corpo, e di chiamare la polizia in forma anonima. Il viaggio di ritorno è silenzioso. Qualcosa si è rotto, ma qualcosa è anche cambiato o, meglio, maturato. 

Dopo quell’estate, i ragazzi inizieranno a perdersi di vista, Vern e Teddy si allontaneranno, e Gordie resterà amico di Chris per un po’, finché anche lui non prenderà una strada diversa. Gordie chiude il racconto rivelando che Chris, da adulto, è riuscito a realizzare ciò che in precedenza era stata una paura inaccettabile, diventerà infatti un’avvocato, proprio come sognava, l’unica nota dolente è che per la sua troppa bontà morirà tragicamente, tentando di sedare una rissa in un fast food. È un colpo al cuore per il lettore. Gordie, ormai adulto, riflette sul valore di quell’amicizia e sul fatto che non ha mai più avuto amici come quelli che aveva a dodici anni.

Stephen King in questo racconto è riuscito a stupirci poiché, pur essendo noto per l’horror, qui mostra tutta la sua sensibilità narrativa. Come sappiamo ci sono libri che si leggono con gli occhi, mentre altri con il cuore, e “Il corpo” è uno di quei libri che ti attraversano l’anima, lasciando dentro ognuno di noi una brezza di malinconia per ciò che non tornerà più.

Quando abbiamo chiuso l’ultima pagina, e ci siamo confrontate tra di noi, abbiamo capito che non era solo una storia ad essersi conclusa, ma era come se stessimo salutando quattro amici che eravamo riuscite a conoscere da vicino, era come se fossimo cresciute con loro, solo che adesso era arrivato il momento di tornare alla cruda realtà, con il ricordo di un’estate che non potrà più tornare.

Stephen King, mette da parte l’horror con uno scopo ben preciso, raccontare qualcosa di molto più spaventoso: la fine dell’infanzia. Quello che rimane quando si perde la spensieratezza, quando si scopre che la morte esiste davvero, e che il mondo degli adulti non è sempre giusto, né facile da capire. Attraverso il viaggio di Gordie, Chris, Teddy e Vern, e anche confrontandoci tra noi, quattro amiche esattamente come loro, con le stesse fragilità e paure, ci siamo ritrovate a guardarci indietro, tornando a quella parte della vita in cui ogni piccola cosa sembrava avere un peso enorme, non sapendo in realtà cosa ci aspettasse una volta catapultati fuori dal nostro piccolo mondo fatto di risate e giochi. 

Il corpo è l’immagine nitida di un’età fragile, un’ode all’amicizia che cambia e spesso si perde col tempo, ma che resta incisa dentro di noi come un marchio indelebile, non è solo il racconto di una ricerca.

Quando tutto finisce, resta quel senso agrodolce, quella fitta nel petto che ti fa dire: “Io sono stato lì, ho vissuto quell’estate.”

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