Leggere questo libro è stata un’esperienza insolita. Mi ha molto sorpreso l’abilità dell’autrice di partire da una storia semplice, statica, e trasformarla in un percorso così affascinante. Leggendo le prime pagine ho avuto la sensazione che la vita di Arturo dovesse essere solo lo sfondo di una vicenda più ampia, ma proseguendo nella lettura mi sono resa conto di come essa fosse sufficiente per appassionarmi e tenermi incollata alle pagine. A livello di emozioni, questo romanzo mi ha trasportata in una realtà tutta sua, facendomi sentire sospesa nel tempo, quasi irreale. L’attesa dello sviluppo della vicenda che provavo all’inizio ha fatto spazio ad un totale coinvolgimento nelle dinamiche della vita di Arturo Gerace, a cui ho assistito come spettatrice, contenta di farmi sorprendere e senza il bisogno di prevedere gli eventi delle pagine successive.
Credo che tutto questo sia stato reso possibile dallo stile delle parole, delle narrazioni e delle descrizioni. Ho trovato il linguaggio molto d’effetto ed evocativo; raffinato, ma saggiamente condito con espressioni popolari che mi hanno permesso di calarmi appieno nella Procida di Arturo; mai troppo pesante o complesso, nemmeno nelle fasi descrittive, che ho anzi apprezzato molto.
Una riflessione che questo libro mi ha portato a compiere riguarda l’elemento che è secondo me la guida dei personaggi di Arturo e Wilhelm Gerace: l’orgoglio. È a causa di esso se il loro rapporto non è mai maturato completamente ma è sempre rimasto distaccato. La stima e l’amore che Arturo prova per il padre non sono sufficienti a sciogliere la corazza di fierezza che riveste entrambi, e che impedisce loro di mostrare i difetti e le preoccupazioni per affrontarli insieme. Prevale il bisogno di essere, agli occhi dell’altro, solidi e forti, senza bisogno di essere aiutati e nemmeno di essere amati. Nel corso del libro assistiamo alla modellazione del carattere e della personalità di Arturo, che inizia a vedere la vita con occhi diversi (passa dall’infanzia all’adolescenza); conosce l’amore, che rimane (e lo dico con un velo di dispiacere) causa di turbamenti senza mai sbocciare. Questo percorso di crescita, però, non fa variare il suo rapporto con il padre, con il quale si mostra spavaldo fino all’ultimo.
Ciò che io ho tratto da questo aspetto del libro è un invito a non avere paura di lasciarsi aiutare dai propri cari e dai propri amici. Non solo perché non si viene giudicati deboli come spesso si può pensare, ma soprattutto perché molte volte fare ciò si rivela il primo passo verso il superamento dei problemi stessi.