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In questo capolavoro dell’era vittoriana troneggiano vendetta, amore, odio e rancore. La trama presenta un intreccio ricco di eventi, e gran parte del libro è sviluppata sotto forma di flashback. I temi trattati sono quelli del Romanticismo. Nel Romanticismo la solitudine è vista positivamente in quanto viene percepita come una forma di libertà; in questo romanzo, però, la solitudine è il coltello col quale frughiamo dentro noi stessi (cfr. “Che tu sia per me il coltello”, David Grossman). La solitudine, come nel caso di Heathcliff, produce rancore e può portare fino alla morte, dacché è una condizione oscura e densa, che nasconde in sé le armi per ferire.
Particolarmente intensa la figura di Heathcliff: furioso e indomito, non si arrende mai nella battaglia per compiere il suo amore. È un ragazzo senza volto, senza passato, senza futuro. Eppure dal principio spicca nella famiglia dalla quale viene accolto per le sue astuzie e la sua sagacia. È un ragazzo che ama, ama e continua ad amare pur sapendo che appartiene ad un rango inferiore rispetto alla sua amata; ma egli non si scoraggia, poiché l’amore lo pervade, l’amore lo domina ed è tutto ciò per cui egli vive.
Emily Bronte si spoglia di ogni ipocrisia mostrando la personificazione della natura umana nelle sue più complesse sfaccettature, tratteggiando in chiaroscuro personaggi che contengono al loro interno storie melliflue e allo stesso tempo ricche di vendetta. Consiglierei a chiunque di leggere questo romanzo dal momento che è un classico che è sempre attuale, dunque può sempre riempire le nostre vite e trasformarle, farci cambiare punto di vista e farci concentrare maggiormente sulla ricchezza interiore del nostro animo. Ad essere tempestose, nel libro, non sono solo le cime, ma anche gli animi dei personaggi, ricchi di affanni e paure da combattere ogni giorno, alle prese con l’amore, quello vero, quello che dà la vita e allo stesso tempo la toglie.
