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È costante, in “Cime tempestose” l’oscillazione tra i sentimenti di amore e odio, compresenti nei protagonisti, sopraffatti da così forti passioni e tormenti, e nel lettore, trascinato in questa vicenda che strazia per la sua dolorosa ambiguità.
I personaggi, infatti, non sono mai del tutto buoni o cattivi, sono tratteggiati con luci e ombre, in chiaroscuri che lasciano interdetti coloro che cercano di inquadrarli in categorie definite. Eppure, la realtà è così, è indefinibile e mutevole, molteplice nei suoi particolari e gli uomini che ne fanno parte non sono che la massima espressione di questa sua caratteristica. Da questa evanescenza di linee che pervade la quasi totalità dello spirito si genera quella commistione tra curiositas e inquietudine che è tipica nella persona, naturalmente incline a disporre in maniera logica e razionale l’esistente, che cerca di dare un senso alle cose anche se molte volte un senso non c’è.
Sarebbe innaturale, infatti costringerci entro limiti angusti, soffocante, come accade nel caso di Catherine, ad esempio, costretta a sopprimere l’amore fortissimo che prova per Heathcliff solo in nome della purezza nobiliare, lasciando che questo sentimento non assecondato imploda, rivelandosi con tutta la sua foga cocente e distruttiva sulla povera donna. È una storia che dimostra quanto vulnerabili, fragili e talvolta sciocchi siamo noi esseri umani, guidati da un daimon, un essere divino più forte di noi, che non conosce ragione né regole, se non l’istinto e l’impulso.
Emily Brontё ci aiuta ad indagare negli incessanti moti dell’animo, dipingendo l’attività del cuore e del sentimento con estremo pathos e fosche tinte passionali, lasciando emergere l’intimo struggimento che coinvolge Heathcliff, Catherine e, di conseguenza, tutti gli altri personaggi che popolano il racconto e lo animano, facendo di Wuthering Heights uno spettrale ma umanissimo angolo di realtà.