Con il libro che le è valso il titolo di prima donna a vincere il Premio Strega nel 1957, Elsa Morante racconta la storia del giovane Arturo Gerace attraverso lo sguardo dello stesso, mescolando le vicende personali di un solitario e malinconico procidano alle caratteristiche tipiche di ciascun adolescente. Nuovi inizi, rapporti interrotti, delusioni e primi amori incorniciati dalle immagini di una Procida dell’anteguerra conducono Arturo alla scoperta in primis della propria persona e quindi della vasta realtà celata oltre il limite apparentemente invalicabile del mare. In un romanzo avvincente sia a livello dell’intreccio che in quanto a descrizioni, la Morante conduce il lettore ad immedesimarsi nel giovane protagonista e ad immergersi in una realtà tanto lontana dai nostri giorni quanto simile. La vicenda è narrata seguendo un ritmo narrativo relativamente lento, ricco di descrizioni capaci di rendere i paesaggi quali nitide foto nell’immaginario del lettore, quasi fossero ricordi di un viaggio nell’isola. Allo stesso tempo, a fungere da sfondo alla storia di crescita e formazione del giovane Arturo (tanto che il romanzo è stato definito da studiosi successivi “bildungs roman”), l’autrice fornisce accurate introspezioni emotive dei propri personaggi: dal padre divinizzato ma in realtà debole alla matrigna religiosa e semplice. Attraverso elementi fisici e comportamenti delinea le figure dei protagonisti, rendendoli tangibili e realistici. Se si è appassionati, sicuramente è uno dei romanzi più avvincenti del genere. Da leggere.