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Italo Calvino scriveva che un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire. “Cime tempestose” è senza dubbio uno di questi libri.
Nella realtà ogni storia d’amore inizia con un primo incontro: già con un primo sguardo le emozioni si accendono ma spesso solo col senno di poi si capisce la natura di quel sentimento. Questo avviene anche ai protagonisti del romanzo. Neanche l’indomita Catherine ha saputo, in un primo momento, vedere oltre l’apparenza di quel ragazzino così diverso da lei: Heathcliff. I due non sapevano ancora che le loro anime erano fatte della stessa sostanza, ma col passare del tempo capirono che l’uno era il soffio vitale dell’altro e che questo non era socialmente accettabile. La prima reazione di Catherine, ragazza ben istruita e di buona famiglia, è di disprezzo nei confronti di quel piccolo “zingaro” tanto diverso da lei. Il pregiudizio, tuttavia, non le impedirà di innamorarsi perdutamente. Catherine e Heathcliff non hanno potuto vivere il loro amore, ma averlo provato è bastato a cambiare qualcosa dentro di loro. Il selvaggio Heathcliff, quel ragazzo dai capelli corvini da sembrare il figlio del diavolo, è stato plasmato dall’amore di Catherine sia nei modi che nell’animo. Mai nessuno ci era riuscito perché tutti erano vinti dal pregiudizio imposto dalla società dell’epoca. Catherine era stata l’unica ad andare oltre le apparenze, il suo animo ancora giovane e puro le aveva permesso di vedere il buono di colui che per tutti era un misero zingaro. Crescendo, però, Catherine perderà questa purezza, si lascerà condizionare dalle convenzioni o forse semplicemente non avrà il coraggio di esplorare fino in fondo i meandri di quel sentimento totalizzante.
In questo, a mio giudizio, risiede l’aspetto più affascinante del romanzo, nell’ambivalenza dei sentimenti: niente in questa storia è lineare e univoco, come se nessuno fosse davvero libero di fare ciò che desidera. E’ significativo constatare, anche, che la violenza, l’abbrutimento di Heathcliff ha origine proprio dal rifiuto e dal pregiudizio. Senza voler giustificare la violenza, tuttavia considero questo un aspetto importante, perché ci invita a riflettere su tutte quelle barriere che poniamo davanti a chi è diverso, spesso spinti da condizionamenti sociali o culturali.