10 maggio, Cronache, Salone del Libro 2024

Pajtim Statovci: tra amore e guerra


Sofia Catucci, Davide Cravenzola

Liceo Classico Statale "Vittorio Alfieri" - Torino

È difficile per alcuni cercare un pezzo di pace se non l’hanno mai avuto”, questa, secondo noi, è una delle più belle riflessioni scaturite dall’incontro con Pajtim Statovci, tenutosi oggi 10 maggio al Salone Internazionale del Libro di Torino. L’autore, originario del Kosovo e vissuto in Finlandia dove la famiglia si trasferì per sfuggire alla guerra, è stato ospite di Chiara Valerio in occasione della ristampa del suo primo romanzo “Il mio gatto Jugoslavia” edito da Sellerio.

Il romanzo, surreale e sorprendente, si sviluppa, come affermato dall’autore, su due piani temporali differenti: il matrimonio della madre di Bekim, il protagonista, e la storia di quest’ultimo. Oltre a narrare le tradizioni matrimoniali del Kosovo, Pajtim ha compiuto una profonda analisi interiore, facendo riferimento alle paure della sua infanzia, come ad esempio quella dei serpenti. 

Proprio per questo l’autore sceglie di affiancare al protagonista due animali dai caratteri sinistri e soprannaturali: un gatto e un serpente. Mentre il gatto è simbolo di indipendenza e forza, motivo per il quale Bekim è particolarmente attratto da lui, il serpente rappresenta invece le debolezze e le paure più intime del protagonista. 

L’incontro ha permesso al pubblico di riflettere su alcune tematiche contenute nel libro che abbracciano la complessità di questo mondo: l’accettazione di sé, l’antagonismo tra padri e figli, le cose che cambiano, quelle che non cambiano mai, il sentimento dell’amore. Statovci ha voluto portare sul palco un pezzo della sua storia personale lasciandoci delle bellissime riflessioni legate alla sua esperienza di persona e di scrittore. 

Di fronte alla richiesta di rendere i suoi libri meno cupi e di alleggerire i contenuti,  Pajtim ha sentito la necessità di ricordarci che il mondo è fatto anche e soprattutto di situazioni spiacevoli e perciò non vuole abbandonare tale tendenza. Proprio come ha detto lui: black can get blacker, “il nero può diventare più nero”.

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