Laboratorio, Oltre la notizia

Oltre la notizia- raccontare la violenza: reportage di guerra


Martina A.

A. Gandiglio - Fano (PU)

La giornalista Marta Serafini, in collaborazione con il Corriere della Sera, ha voluto condividere con noi ragazzi le sue idee e le sue esperienze riguardo alla violenza causata dalla guerra che anche lei ha potuto vivere direttamente, tramite il suo lavoro.
Oggi la guerra è un argomento molto dibattuto, afferma Marta Serafini, e si ha la pretesa di saperne le cause, chi sono i colpevoli, ma quando e ne parla vengono espresse solo “parole”, senza conoscere la realtà di chi la vive ogni giorno.
C’è quasi sempre una vittima, e un aggressore, ma secondo me è importante analizzare tutte le dinamiche che hanno portato allo scoppio di una guerra, anche se penso che in ogni caso penso che essa sia ingiusta e senza possibilità di perdono.
La guerra non sarà mai il giusto metodo per la risoluzione dei problemi che gli Stati devono affrontare, perché violenza genera sempre ulteriore violenza.
La guerra non è un evento che passa senza lasciare segni, anzi provoca quasi sempre gravi danni, alle città, ma soprattutto ai civili.
E’ su questo argomento, che la giornalista invita noi giovani a riflettere in modo particolare.
Marta mi ha spinta a ragionare su come i bambini e i giovani, anche miei coetanei, che oggi stanno affrontando la guerra, abbiano davanti a loro un futuro molto difficile.
Questo perché vengono privati non solo di una buona istruzione, ma anche della possibilità di poter passare del tempo assieme, dedicandosi alle loro passioni, ai loro amici, alle loro famiglie.
Ascoltare le testimonianze della giornalista sulle condizioni di alcuni ragazzi, che vivono con la costante paura e terrore dei bombardamenti, e che fino a pochi giorni prima vivevano una vita tranquilla come noi, si sono ritrovati a dover subire un cambiamento radicale, mi ha suscitato molte domande.
Non riesco a spiegarmi il motivo per cui un conflitto tra Stati, debba ricadere in maniera così violenta ed incisiva sui civili, persone totalmente al di fuori del problema, e che diventano vittime innocenti.
Mi domando perché i Capi di Stato non portino avanti una politica di pace provando a risolvere i contrasti con gli altri Stati per vie diplomatiche, soprattutto dopo l’esperienza che hanno apportato le due guerre mondiali in passato.
Sembra che non si rendano conto dei danni, del dolore, delle vittime innocenti che la loro decisione ha causato, come se gli importasse solo dello Stato, non della Nazione.
Dobbiamo capire che la pace è un lusso e che dobbiamo, non solo beneficiarne, ma soprattutto proteggerla con tutte le nostre forze: la guerra non ha un tempo.
Mi ha coinvolto molto la chiarezza e l’obiettività con cui la giornalista ha esposto i fatti, senza pregiudizi e senza schieramenti, ammettendo la realtà e provando ad immedesimarsi in chi subisce per capire cosa significhi veramente “vivere la guerra” e soprattutto mi ha fatto capire che questo non porta alla luce solo il dolore causato da tutta la violenza generata, ma anche le speranze che ognuno di noi ripone in se stesso.
Bisogna aver fiducia nel mondo.

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