“Mi dia una mano!”. Questa è la richiesta disperata fatta a don Luigi Ciotti, il celebre fondatore di Libera, da una donna in fuga dal contesto mafioso in cui viveva con la sua famiglia in Calabria.
Anna è la protagonista della storia raccontata nel romanzo “Libera. La storia di Anna” scritto da Alessandra Ziniti, pubblicato da Fuoriscena e presentato oggi, giovedì 15 maggio, al Salone Internazionale del Libro di Torino.
La famiglia di Anna è affiliata alla ‘ndrangheta, così come quella di suo marito Nino, vittima di una “lupara bianca”, termine giornalistico con cui si indica un omicidio di mafia che prevede l’occultamento del cadavere. Proprio in questo momento di grande dolore, Anna capisce di dover cambiare il proprio destino alla ricerca della libertà per sé e soprattutto per le sue due figlie.
L’incontro con don Ciotti risulterà determinante: verranno introdotte nella rete dell’associazione e – come da unica richiesta di Anna – trasferite in una località marina protetta.
La principale difficoltà è assicurare l’anonimato e la segretezza soprattutto delle bambine. Per lo Stato, infatti, non sono abbastanza utili per poter essere aiutate, rientrare nel programma di protezione e cambiare il loro cognome per non essere rintracciabili.
È necessaria una grande attenzione: le ragazze non possono essere fotografate pubblicamente, avere dei profili pubblici e non possono nemmeno permettersi di tradirsi e raccontare qualche vicenda del loro passato perché – si sa – basta poco per distruggere una vita.
Per quattro volte sono state trovate. Per quattro volte sono state spostate. Per quattro volte don Luigi Ciotti e la sua associazione sono riusciti a proteggerle, senza alcun aiuto da parte della giustizia statale.
Poi un’udienza speciale per le ragazze di Libera: vengono accolte da papa Francesco il 30 ottobre 2023 ed è proprio quando l’ufficio vaticano diffonde il comunicato che la giornalista Alessandra Ziniti contatta don Luigi Ciotti e incontra le ragazze che le raccontano la loro storia.
L’autrice, grazie alla sua esperienza con casi di cronaca e processi legati alla mafia, riesce a raccogliere le varie testimonianze e a farne un racconto prezioso.
Questa è la storia di Anna e delle sue figlie, ma è anche un messaggio di speranza per tutte le donne che affrontano situazioni simile e che devono essere in grado di scegliere il proprio destino.
La forza di volontà, però, tante volte non basta. Anna e le sue bambine ora sono salve, ma tante donne come loro sono state trovate e messe a tacere, private della loro libertà.
Il nostro stato nella sua Costituzione tutela la libertà e ha sottoscritto la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo in cui nel primo articolo si afferma che “tutti gli esseri umani nascono liberi e eguali”. Non è accettabile che questo stesso Stato non permetta ad alcune donne di vivere la loro vita senza la necessità di scappare, facendole convivere con il costante terrore. È quindi necessaria un’azione legislativa che permetta di tutelare le donne e di modificare eventualmente i loro dati anagrafici, ma purtroppo oggi tutto questo è ancora soltanto un disegno di legge.
“È necessario impegnare un po’ della nostra vita per dare una nuova vita agli altri” sono le parole che don Ciotti ci regala a conclusione del suo intervento e riassumono lo spirito del suo intento e dell’impegno nel “liberare la libertà”.
Quest’ultima espressione apparentemente enigmatica ha suscitato il nostro interesse perché sembra suggerire la vera formula per la libertà. In effetti, è necessaria una prima fase di riflessione individuale alla ricerca dell’indipendenza che è già intrinseca in noi e della forza di desiderare e inseguire un destino diverso da quello ereditato, proprio come fa Anna.
La fase successiva, il “liberare”, consiste nel supporto per il superamento delle difficoltà come per esempio la sicurezza delle figlie e i continui trasferimenti, che senza il prezioso intervento di don Ciotti non sarebbe stato possibile.