Freud sosteneva che ciascun essere umano è governato da due forze, Eros e Thanatos. La prima è quella che conduce l’uomo alla felicità, che gli permette di amare. Thanatos è l’esatto contrario: la forza distruttiva che induce l’uomo al male e che lo porta alla morte.
Dacia Maraini, autrice del recente romanzo “Vita mia” ( Rizzoli 2023), ha raccontato la sua esperienza durante la difficile prigionia in un campo di concentramento in Giappone, quando aveva solo sette anni, durante un intenso dialogo con otto ragazze del Liceo Classico e Scientifico di Como al SalTo 2024 il 12 maggio.
L’autrice, riprendendo la teoria freudiana, riporta all’importanza dell’educazione per vincere l’indifferenza dell’essere umano negli scenari di violenza, ieri come oggi. Prosegue con un importante chiarimento: “è sbagliato dire che le donne sono buone e gli uomini non lo sono, perché non esiste l’essere umano buono o cattivo“; quello che definisce la maggior sublimazione di una donna è la tipica educazione radicata in determinati atteggiamenti culturali. E’ necessario trasformare il proprio “io” per superare coloro che hanno la pretesa di essere superiori.
Riguardo al contesto familiare, ha parlato della sua forte ammirazione nei confronti dei genitori, che l’hanno educata a questa “cultura buona”. Da loro ha imparato l’importanza di rischiare la vita per i propri valori, poiché prima ancora del rispetto degli altri, viene il rispetto per se stessi e, se ogni persona avesse il coraggio di lottare, allora insieme si potrebbe vincere la guerra contro l’indifferenza.
La cultura giapponese, in particolare lo Shinto e il Buddhismo, le ha trasmesso una visione serena della morte: paradossalmente quello che sembra essere l’atto più doloroso e difficile per l’uomo è, secondo questa credenza, un momento di serenità; la morte non chiude l’ultimo capitolo della vita , ma ne è il proseguimento secondo il processo della metempsicosi. Inoltre, in base a come l’uomo si è comportato, egli si trasformerà in un altro essere.
Dacia Maraini dichiara che la letteratura e la poesia hanno svolto un ruolo fondamentale nella sua vita di segregazione in Giappone, in quanto la parola, per i prigionieri, è lo strumento tramite il quale essi possono sopravvivere a tali brutalità.
“La vita è un processo evolutivo, nel quale le proprie origini svolgono un ruolo fondamentale”. E. secondo noi, il racconto di sé e del mondo può essere il valore di senso.