Cronache

La classe che resiste: reinventare la scuola durante e dopo la pandemia


Achille Berzovini, Maria Carla Culatti, Roberta Micalizzi IB - Liceo Ariosto - Ferrara


“…e quando la centralina dell’Enel ebbe un guasto e lasciò al buio il quartiere, la nostra scuola rimase accesa come un faro nella notte”

 

Questa e molte altre testimonianze ci sono state portate da Laura Parigi, Alessia Barbagli, Antonella Di Bartolo e Franco Lorenzoni, che le hanno vissute sulla propria pelle e hanno dovuto  reinventare il proprio metodo didattico a causa della pandemia di COVID-19.

 

Abbiamo avuto il piacere di ascoltare il loro racconto nella giornata del due ottobre presso il teatro Verdi di Ferrara, luogo che rappresenta a pieno l’essenza di tutto l’incontro, essendo anch’esso stato reinventato e rivoluzionato come la scuola negli ultimi due anni.

 

Il primo intervento è stato quello di Laura Parigi, la quale si occupa di formazione all’uso delle tecnologie nella didattica e ha parlato dei nuovi metodi educativi nati per necessità durante il lock-down nazionale, presentando il progetto Spaesi: un laboratorio di geografia fantasticascritture in rete intorno alla grammatica della fantasia di Gianni Rodari, che si pone come obiettivo di capire i sentimenti dei bambini attraverso la narrazione dell’antologia rodariana, .

Sempre per aiutare gli insegnanti ad orientarsi in uno dei periodi più complessi della storia contemporanea, è stato necessario reinventare gli ambienti domestici trasformandoli in veri e propri laboratori passando dal riflettere sul concetto filosofico di tempo all’imparare a togliere le macchie.

 

La parola è poi passata ad Alessia Barbagli, insegnante presso una scuola media di Roma, il quale con grande passione per il suo lavoro e per i suoi studenti ci ha raccontato di un progetto che ha visto questi ultimi come protagonisti. Infatti, prendendo ispirazione dal Decameron di Boccaccio, dovevano scrivere complessivamente ventiquattro novelle su temi scelti da due di loro, denominati “re” e “regina”, che poi la professoressa restituiva loro corretti. Interessante è stato sentire che attorno al settimo giorno, poco dopo la notizia che il tre aprile le lezioni non si sarebbe tornati in presenza, i testi di alcuni alunni avevano cominciato ad avere dei finali troncati, mentre altri non venivano nemmeno inviati. La situazione si è capovolta invece quando una studentessa ha proposto come traccia la storia di due ragazzi che si erano conosciuti ed innamorati in quarantena. La scrittura di questa novella ha dunque aiutato i giovani a farsi forza e a non pensare che quelle loro camerette sarebbero diventate sempre più anguste.

 

Ha proseguito poi Antonella Di Bartolo, da 8 anni dirigente scolastica all’istituto comprensivo statale “Sperone-Pertini” di Palermo, che ha definito la scuola come “un’unica grande infrastruttura che accomuna tutta l’Italia”, anche i quartieri più problematici e degradati della città. Infatti, proprio a lei si deve il merito di aver dato una speranza al quartiere della scuola “Sperone – Pertini”, creando un luogo sicuro dove non solo  i ragazzi potessero gettare le basi per un futuro migliore, ma i residenti potessero reperire servizi che andavano dai tamponi e dai vaccini, ad una vera e propria riconversione degli ambienti comuni;  quindi la scuola è diventata un faro in mezzo al mare in tempesta.

 

L’incontro si è chiuso con l’intervento di Franco Lorenzoni, insegnate di scuola elementare, che ha sottolineato l’importanza di una scuola che si impegni a formare nel modo più liberale possibile i futuri cittadini e che li supporti nelle loro scelte di vita. Che insegni ad andare lontano per capire ciò che ci è più vicino, ad accorgerci dei problemi e a reagire, a rimanere vigili, senza lasciarsi distrarre troppo dalla tecnologia, oggi sempre più presente nelle nostre vite.

 

Ora quindi sta alla scuola italiana decidere se accettare o no l’eredità che la didattica a distanza, nel bene e nel male, ha lasciato e scegliere se considerare le idee di questi insegnanti come visionarie, traendo da esse ispirazione, o di riporle semplicemente in un cassetto, dimenticandole.

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