Gruppi di Lettura 2025, Scaffale

La catastrofica intervista a Joël Dicker: intervista o interrogatorio?


Maria Roberta Virgili

Gruppo di lettura del Bookstock - Torino

Libro d’esordio? Gli ultimi giorni dei nostri padri.
Libro più venduto? La verità sul caso Henry Quebert.
Ultimo libro pubblicato? La catastrofica vista allo zoo, pubblicato in Italia da La Nave di Teseo. Ve lo siete perso? Forse perché negli ultimi mesi non avete mai buttato un occhio ai libri in classifica.

15 maggio 2025, Salone Internazionale del Libro di Torino, Auditorium.
Per chi di voi non avesse mai avuto occasione di visitare questo posto, immaginatelo come un cine-teatro con una capienza di oltre mille persone. Oggi quella platea era ricolma di lettori, di appassionati provenienti da ogni angolo d’Italia (e chissà, forse anche del mondo!) pronte ad ascoltare Dicker, intervistato da noi, il Gruppo di Lettura del Bookstock, sul suo ultimo libro.

L’autore si è trovato di fronte al tribunale supremo: il suo pubblico. Indagato da sei nostri delegati, Dicker si è visto presentare un identikit da lui poi definito “parfait”: “Uomo. Nazionalità: Svizzera. 39 anni, biondo, occhi chiari – pausa drammatica – e bellissimi”. Il complimento non l’ha certo lasciato indifferente: drammaticamente ha portato la mano al cuore, slanciandosi all’indietro, come colpito da una freccia, accolta con un sorriso (Permettete? Un bellissimo sorriso); non ci siamo ovviamente risparmiati dal metterlo di fronte ai suoi precedenti penali: “Ha dichiarato di essersi appropriato di molte penne, è pentito ma tuttora latitante. Dominatore seriale di classifiche, speriamo non si avvalga della facoltà di non rispondere in questo faccia a faccia con il suo pubblico” e per fortuna ha deciso di non avvalersi di questo suo diritto!

Prima ancora di entrare nel vivo dell’interrogatorio – pardon: intervista – l’autore ha voluto confessare quanto fosse felice di essere intervistato così tanti giovani. Difatti, solitamente si trova a parlare davanti a uno, massimo due, giornalisti, spesso anche anziani; lui ha molto apprezzato questo confronto con la jeunesse, e noi siamo immensamente grati di aver avuto l’onore di vederci affidare dalla Nave di Teseo un’intervista così importante.

Il libro racconta dagli occhi di Josephine, una bambina “speciale”, una serie di catastrofi, iniziate con l’allagamento della scuola e concluse con la gita scolastica. Josephine frequenta una scuola “speciale”, che è diversa dalla scuola “normale”, ma non pensate male! Josephine è una bimba estremamente sveglia e intelligente, così come brillanti sono i suoi compagni di classe. È molto curiosa, e in questa sua curiosità l’autore rivede se stesso, ammonendo gli adulti che hanno smesso di farsi domande sul mondo, forse per paura. Sempre criticando gli adulti, Josephine, nella finzione letteraria, scrive: “mi sono resa conto che una volta adulti sviluppiamo la brutta tendenza a dimenticare i bambini che siamo stati” ma quel bambino, magari coperto da molti strati, continua a vivere dentro di noi. Per raccontarci un’abitudine infantile da lui conservata, Dicker ha scelto di condividere con noi un piccolo aneddoto famigliare: i suoi bambini gli hanno chiesto di disegnare un cavallo. Con la penna in mano davanti al foglio intonso, lui aveva davanti il cavallo più bello: finché la pagina è bianca, il cavallo è perfetto, la sua rappresentazione è perfetta. L’eccitazione davanti alla promessa di quel che potrà essere, alla promessa di un romanzo perfetto: questo è il suo vizio infantile.

Come abbiamo anticipato, Josephine e i suoi compagni sono bambini speciali. Non viene mai spiegato cosa si intenda per “speciali”, ma nemmeno viene mai spiegato cosa si intenda per “normale”: determinare il significato di queste due espressioni è una responsabilità che intenzionalmente Dicker ha lasciato al lettore. Spesso il concetto di diversità viene rifuggito come qualcosa di nuovo o pericoloso, ma non è così che deve essere. “On est forcément autre” (siamo necessariamente altro [rispetto alla norma]) e una società che funzioni è una società in cui siamo d’accordo a non essere d’accordo. Nell’essere diversi insieme si trova il vero valore della libertà (“la liberté c’est être différent ensemble”).

Un topos ricorrente nel libro è quello della democrazia. Non sono stati eventi specifici a spingerlo a scriverne, ma un andamento generale: la democrazia è in indebolimento. Dicker ci ricorda che, per definizione, la democrazia è un regime dove la maggioranza deve prevalere, dove quindi non può essere accettato un quorum del 35%, perché porterebbe a dei risultati che difatti non rappresentano la cittadinanza totale, risultati rispetto ai quali i non votanti si de-responsabilizzano con un “ma tanto io non l’ho votato”. “La democratie c’est nôtre responsabilité” (La democrazia è una nostra responsabilità) e Nôtre responsabilité c’est d’aller à voter” (La nostra responsabilità è andare a votare).

Altro elemento molto ricorrente nel romanzo è la necessità, in più istanze avanzata da Josephine, di “tenere un profilo basso”. Per Dicker è vero: bisogna tenere un profilo basso. Ma cosa significa per lui? Significa lasciare posto agli altri in un mondo dove noi, tramite i social e non solo, siamo sempre in prima fila. Bisognerebbe fare spazio, diventare più silenziosi, non meno presenti, solo più silenziosi: questo ci farebbe molto bene.

 

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