Cronache, Salone del Libro 2023

Il silenzio di Baricco


Martina Corronca Francesco Pavia

Liceo Classico Vittorio Alfieri - Torino

L’amicizia e il rapporto che legano Alessandro Baricco e Marco Missiroli si notano già dal primo abbraccio che i due si scambiano prima ancora di salire sul palco. E forte di questo legame profondo Missiroli, nell’incontro La forza e la bellezza (intatte?) dell’arte di raccontare storie, pone allo scrittore domande molto personali, proponendo diversi punti di riflessione.

Missiroli parte da una parola fondamentale per Baricco: silenzio. Una condizione che non solo è importantissima per la sua vita professionale e non, ma è anche un punto d’arrivo straordinario, ciò a cui lui, come tutti i suoi colleghi, aspira: se la lettura porta al silenzio vuol dire che nel lettore è cominciata una riflessione e si è scatenato qualcosa. Baricco parla anche del narcisismo come di una caratteristica necessaria per lavorare in questo mondo, cosa che insegna anche agli studenti della sua scuola, la Scuola Holden. Il creare nuovi mondi o raccontare il proprio è una forma di narcisismo che permette in maniera “domestica e un po’ ingenua” di dare vita alla propria realtà, composta spesso da solitudine e isolamento, tutto con lo scopo della scrittura. Proprio per questo isolamento Baricco afferma di non aver mai capito davvero tutto ciò che gli è successo nella vita e ciò che lui è diventato, fino alla malattia quando un’ondata incredibile di affetto l’ha sorpreso e commosso. Un’idea chiara però ce l’ha sempre avuta: lui è nato per scrivere. Anche per questo già da piccolo era appassionato alla lettura e parlando degli autori che lo hanno influenzato ricorda soprattutto Salinger e Fenoglio. Ma si definisce sensibile, tanto è vero che ogni persona che incontra lo colpisce anche solo con una frase, gli rimane dentro e lo abita per tanto tempo.

Tutti questi elementi, tra cui anche la sua malattia e la pandemia, Baricco li mette nel suo nuovo romanzo appena terminato, un western metafisico scritto semplicemente “per l’amore del gesto dello scrivere”. Perché, come dice lui stesso alla fine dell’incontro, ama il suo corpo per ciò che è e per quello che gli ha permesso di fare, in particolare una cosa: scrivere.

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