Cronache, Salone del libro 2021

Il linguaggio inclusivo non è un nemico


Sara Tavella


In sala rossa al Salone del Libro di Torino, nel tardo pomeriggio di domenica 17 ottobre, di fronte ad un pubblico nutrito ed attento, Loredana Lipperini dialoga con Vera Gheno e Federico Faloppa, autori de Trovare le parole. Abbecedario per una comunicazione consapevole (Edizioni Gruppo Abele) e Nadeesha Uyangoda, autrice de L’unica persona nera nella stanza (66thand2nd) e curatrice del podcast Sulla Razza, che si occupa di tradurre parole ed espressioni proprie del razzismo dal contesto anglo-americano a quello italiano.

 

L’oggetto della conversazione è il linguaggio inclusivo, il peso delle parole e le implicazioni delle scelte linguistiche da parte sia di soggetti singoli, più o meno esposti mediaticamente, che della collettività. L’incontro è stato inserito nel programma del Salone proprio per approfondire queste tematiche, che sono ormai sempre più centrali nel dibattito pubblico e molto spesso oggetto di accanimento giornalistico. Non si potrebbe pensare ad un contesto migliore in cui contrastare l’immagine del linguaggio inclusivo solitamente offerta dai media: una privazione di libertà d’espressione, un sistema di obblighi e limitazioni.

Durante l’incontro, sono stati portati all’attenzione del pubblico numerosi esempi di parole che occorrerebbe utilizzare con maggiore consapevolezza, o non utilizzare affatto. Parole che esistono (ancora) nel nostro linguaggio per imposizione di coloro che occupano i vertici della società e che sono normalmente (e guarda un po’) uomini, bianchi, cisgender, anzianotti, che rispecchiano a pieno l’ideale di “normalità” che la società ha costruito.

 

Il messaggio degli ospiti è di speranza: la nostra società normocentrica sta lentamente mettendo in discussione il suo paradigma, che per troppo tempo si è basato su un equilibrio dato per scontato, che non accoglie la diversità e anzi tende, anche non intenzionalmente, a denigrarla. Naturalmente, e l’osservazione è nevralgica, per certe battaglie non ci si può fermare al piano simbolico: occorrono azioni concrete, norme che indirizzino la realtà verso un’inclusione di fatto. C’è innanzitutto bisogno di dare spazio alla diversità e di mettersi in ascolto, facendo tutti umilmente un passo indietro, e di inserire quei corpi ancora considerati “diversi” nei processi decisionali. Il linguaggio può essere un anticipatore del cambiamento: bisogna imparare ad utilizzare le parole giuste per riferirsi ai fatti, legittimando, chiamandoli con il loro nome, fenomeni sociali emergenti e combattendo così in primis un’ingiustizia discorsiva.

 

Sara Tavella, redazione BookBlog

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