Dedica Pordenone 2023

“Fuga a Est” per ritrovare la propria soggettività


Matilde Facchin, Martina Fenos

Liceo Michelangelo Grigoletti - Pordenone

Continuando con gli appuntamenti di Dedica Festival 2023, mercoledì 22 marzo all’ex Convento di San Francesco si giunge alla presentazione in prima nazionale del nuovo romanzo dell’autrice Maylis de Kerangal “Fuga a Est”. Ad aprire l’incontro è Claudio Cattaruzza che ha introdotto la protagonista del festival, il moderatore Paolo di Paolo e l’interprete e traduttrice Marina Astrologo.

Fuga a Est è la storia di due passeggeri tra molti altri sulla linea ferroviaria Transiberiana che collega Mosca a Vladivostok: Alëša, un giovane russo coscritto che vorrebbe sottrarsi alla chiamata alle armi, ed Hélène, una donna francese di 40 anni che tenta la fuga dall’amante Anton.  I due, che apparentemente sembrano non avere nulla in comune, tanto meno la lingua, riescono a costruire un dialogo muto, fatto di occhi e gesti, e comunicano attraverso un codice umano che supera la barriera linguistica.

Il viaggio in treno, a cui l’autrice stessa ha preso parte nel 2010, e successivamente “Fuga a Est”, nascono dalla richiesta dell’ente radiofonico France Culture di realizzare un breve racconto che potesse essere letto in diretta dall’autrice nell’ambito di cinque puntate da trenta minuti ciascuna.  Da subito, ha affermato l’autrice, sapeva che avrebbe optato per un libro di narrativa, piuttosto che per un classico diario di bordo.

Il viaggio sulla Transiberiana è una rappresentazione orizzontale della società russa attraverso la divisione in classi:  in prima classe siedono i “privilegiati” che nel romanzo sono rappresentati da Hélène, e nella terza i “disgraziati” tra cui i coscritti come Alëša. La sensazione da passeggeri è quella di un viaggio bizzarro, in uno spazio chiuso, delimitato e spezzettato, in contrasto l’infinito paesaggio siberiano che si scorge dal finestrino. Un aspetto che l’autrice ci ha tenuto a sottolineare è la sfera sensoriale che emerge da quello che definisce “chiasmo” tra lo spazio interno al treno, scompartimentato e sonoro, e quello esterno, che al contrario è sconfinato e sembra silenzioso. Un’esperienza mobile in uno spazio immobile.

L’attenzione si è in seguito spostata sui due protagonisti del romanzo e sul punto di contatto tra i due. Per l’autrice non si tratta soltanto della “fuga” ma della “paura” in primo luogo dettata dal luogo che stanno attraversando: la Siberia, da sempre protagonista di tensioni politiche e utilizzata come colonia penale da zar e dittatori di repressione, uno spazio che già di per sé dà una sensazione di inquietudine. Regna quindi  un generale senso di tensione. La paura è dettata per Alëša anche e soprattutto dall’esperienza militare, che è per tradizione segnata da violenti episodi di “nonnismo”, mentre per Hélène dal pericolo in cui potrebbe incorrere restando con il suo compagno.

Soltanto questa “paura” metterà i due protagonisti in contatto.

Alëša ed Hélène sono diversi in tutto: nello stato sociale, nella cultura, nel paese di provenienza, nell’età e nel sesso. Tuttavia tra di loro si crea un legame d’amore, inteso come solidarietà, empatia, fratellanza e rispetto. Di Paolo a questo punto esordisce chiedendo come è possibile che un tale senso di empatia nasca tra due completi sconosciuti che non sembrano mostrare nulla in comune. L’autrice ha sottolineato come la dimensione molto ravvicinata tra due individui anche molto diversi consente di entrare in contatto e di riconoscersi non più come “oggetti” della propria vita ma come “soggetti” che riconoscono la reciproca alterità. Attraverso questo contatto i due protagonisti riescono a recuperare la propria individualità e a creare un’alleanza contro l’avversità: “loro sono due e sono insieme”.

Un gesto che non viene svelato per lasciarsi la curiosità della scoperta della lettura consente a entrambi di uscire da una dimensione subita a una di sostegno verso l’altro.

La stessa cifra stilistica dell’autrice, attenta a cogliere tutti i dettagli della dimensione sensoriale come di quella emotiva, è ciò che la contraddistingue da altri autori e che ne identifica la sua “specificità”. L’autrice ha spiegato che il suo stile dettagliato e specifico è un atto di resistenza all’omologazione e alla standardizzazione della letteratura.

L’incontro si è concluso con un omaggio dell’autrice alla singolarità di Dedica: “La letteratura serve anche per creare comunità, collettività, condivisione: Dedica verifica l’ipotesi che questa comunità sia possibile, è questa la sua unicità”.

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