Marco Magnone, scrittore e docente, presenta il suo libro Fino alla fine del fiato scritto in collaborazione con Fabio Geda, amico e collega.
Magnone afferma: “Ho conosciuto Fabio Geda quando ero appena tornato dall’Erasmus in Germania, dopo questo primo incontro Fabio mi ha staccato il biglietto d’ingresso del mondo per la narrativa dei ragazzi”. Fino alla fine del fiato nasce dalla volontà di Geda di scrivere una saga distopica di un mondo senza adulti, scegliendo di ambientarlo nella città di Berlino, ben conosciuta da Magnone. Da qui nasce la collaborazione tra i due scrittori.
L’ispirazione del libro ha origine nel gennaio 2019 quando Magnone è ad Oslo per scrivere un saggio divulgativo sull’Europa e viene accompagnato da Fabio Geda. Nel condurre le ricerche, i due scrittori hanno modo di incontrare alcuni superstiti del 22 luglio 2011, giorno dell’attentato terroristico verificatosi a Utøya. In quest’isola, un uomo travestito da poliziotto, Anders Breivik, ha aperto il fuoco contro gruppi di giovani che stavano prendendo parte a un campo estivo organizzato dalla sezione giovanile del Partito Laburista Norvegese.
La generosità di una ragazza nel testimoniare la tragica vicenda ha stimolato Magnone e Geda a scrivere una storia di finzione fondata sul nucleo del drammatico evento.
Il libro segue i tre punti di vista dei protagonisti: Seba, Filo e Marti. Seba è un ragazzo idealista, innamorato della forza delle parole e della politica. Aspetta tutto l’anno il campo estivo per confrontarsi con i suoi amici sulle tematiche attuali. Il suo migliore amico, Filippo, è un adolescente che vuole vivere una vita tranquilla perché costretto a sopportare le prese in giro dei suoi compagni di classe, a causa delle quali è insicuro. Partecipa al campo non mosso da forti idee politiche, ma per conoscere nuovi amici. La sorella di Filo, Marti, ha la grande passione del calcio, il linguaggio con cui si esprime e si sente se stessa. Decide di prendere parte all’iniziativa per trascorre del tempo con Seba, per cui nutre un forte sentimento.
Così Magnone descrive un campo, ispirandosi a quello stesso che nel luglio del 2011 ha tolto la vita a 69 ragazzi le cui personalità e i cui sogni erano simili a quelli dei personaggi di Fino alla fine del fiato.
Il libro ha come target quello degli adolescenti. Magnone dichiara, infatti, che il modo migliore per difendere i giovani lettori non sia raccontar loro delle bugie, ma renderli partecipi dell’esistenza del male e della violenza. È dunque necessario anche per i ragazzi riscontrarsi con gli aspetti più difficili della realtà e affrontarli.
“Noi abbiamo il potere delle parole e delle storie che ci permettono di scegliere il mondo che vogliamo costruire”, mondo, dice Magnone, composto anche da un lato oscuro, ma che è importante conoscere per apprezzare la luce. È consolatorio, infatti, pensare che l’origine delle violenze sia una realtà distante da noi. Il male, però, ricorda Magnone, non viene solo da fuori, ma si può nascondere in ciascuno di noi: tutti possiamo avere paura del futuro, sentirci arrabbiati, ma il problema emerge quando la paura e la rabbia diventano ciò che noi siamo.
L’autore, inoltre, sostiene che non ci sia un modo giusto per affrontare il dolore, ma che attraverso i suoi personaggi ha cercato di mettere in campo delle possibili alternative e
aggiunge che le buone storie sono quelle che riescono a mettere in scena anche i fallimenti, aiutando così il lettore a sentirsi meno solo.
“Io amo i personaggi imperfetti con delle crepe e con delle fragilità”, conclude Magnone,“perché raccontano qualcosa di me”.