“Dov’eri tu?” è la domanda che Giobbe, protagonista dell’omonimo libro presente nell’Antico Testamento, pone a Dio con l’intento di querelarlo per tutti i mali a cui è sottoposto. Ma lui è un uomo giusto: il motivo del suo dialogo con il Signore è che troppo spesso il male si accanisce sulle persone oneste e quindi si sente il desiderio di incolpare qualcuno nel momento in cui si incappa in un’ingiustizia.
Questo libro della Bibbia tratta dell’enigma che ancora oggi è rimasto irrisolto: da dove viene il male?
Enzo Bianchi, monaco cristiano e grande saggista italiano, nella conferenza odierna ci dà un’interpretazione di teologi e fedeli in merito a questa parte dell’Antico Testamento.
Il punto di snodo principale del suo discorso è che i credenti di oggi sanno di vivere in un mondo senza Dio, pur essendo davanti a Dio: per lui la dura verità che il fedele non riesce ad accettare è che finché siamo vivi e qui sulla Terra, Dio non può farci nulla.
Avendo perciò questa convinzione, ad oggi nessun credente farebbe la protesta che Giobbe ha rivolto a Dio: nessuno più sostiene lo schema di progenitori che hanno peccato e a causa dei quali noi dobbiamo espiare le colpe.
Ma se il male non proviene dal Peccato Originale, da dove proviene? Chi l’ha introdotto in noi?
Bianchi sostiene che esso sia in noi uomini dalla nascita, nessuno ne è esente e non esistono pertanto dolori colpevoli o dolori innocenti.
Purtroppo però la religiosità di oggi si pone in atteggiamento di estrema contrazione di fronte a questa verità: le battaglie che prima erano sulla fede e sulle ideologie oggi sono etiche e politiche e ciò porta al fatto che troppo spesso i desideri del singolo diventino diritti di tutti.
In sostanza solo imparando ad ascoltarci ed evitando la prevaricazione della volontà di uno su una questione che riguarda la collettività riusciremo a risolvere questo enigma.