Un piccolo passo di un libro, un grande passo per l’inclusività: è questo il sentimento che accomuna Nadeesha Uyangoda e Valentina Petrillo, autrici rispettivamente di “Corpi che contano”, pubblicato da 66thand2nd, e “Più veloce del tempo”, edito da Capovolte.
Due libri che si parlano tra loro e le cui esperienze personali rappresentano un manifesto universale. Entrambe esigono in maniera diversa una valorizzazione del corpo, a prescindere dalla provenienza e dalla sua identità.
Nel suo intervento, Nadeesha ha raccontato dell’origine della distinzione tra testa e corpo all’interno della società. Un mondo in cui l’intelletto è una prerogativa dei ricchi e il lavoro è riservato ai poveri: tale dualismo è presente anche nello sport. L’autrice ha portato l’esempio del cricket, in origine uno sport elitario utilizzato come strumento di potere dagli inglesi colonizzatori. Strumento che gli si è ritorto contro una volta battuti al loro stesso gioco, diventato, in mano agli invasi, mezzo di resistenza. Tuttavia, una volta rilanciato da questi, è stato pesantemente svalutato: infatti non era concepibile che corpi senza testa possedessero del tempo libero. In realtà, il canone da rispettare per essere inclusi all’interno di questo ambiente è molto più ristretto. Uscire dai binari è sinonimo di esclusione, come testimoniato dall’atleta Valentina Petrillo, prima transgender a gareggiare fra le donne alle paralimpiadi.
La sua disabilità, l’ipovisione, è passata in secondo piano al momento del coming out. Nonostante ciò, la determinazione nell’affermare la propria identità l’ha portata nel 2024 a correre su quella pista viola: diventando un emblema di lotta non violenta per i propri diritti.