Cronache, Salone del Libro 2022

L’attivismo al tempo dei social


Martina Leprotti, Elisabeth Ofoelo, Sara Zerbini, Redazione Liceo Ariosto


Ormai i social sono diventati indispensabili nella nostra vita. Ci consentono di esprimere le nostre opinioni e far arrivare le nostre idee ad un pubblico molto vasto, tanto da stravolgere la concezione tradizionale di attivismo, solitamente incentrato sull’intervento fisico. Di questo si è parlato durante l’evento “SOCIAL-ATTIVISMO! L’impegno di scrittori e intellettuali in rete” del 20 maggio al Salone del Libro di Torino, moderato da Loredana Lipperini con gli scrittori Jonathan Bazzi, Maura Gancitano e Cristina Morales. Punto focale della discussione è stato il confronto tra chi ritiene che l’attivismo stia perdendo la sua componente di attività e chi invece reputa questa evoluzione positiva ma non sfruttata al meglio.

Jonathan Bazzi sostiene che i social possano essere un’efficace cassa di risonanza per trattare di temi importanti come il razzismo, l’omofobia, la misoginia e la guerra. Si rischia però di diventare parte di un meccanismo che ci usa, un circolo di automatismi indotti in cui facciamo fatica ad affermare la nostra identità. Secondo l’autore infatti i social non sono utilizzati in maniera costruttiva ma intrattengono con delle conferme di ciò che già si pensa.

“La valuta dell’esistenza è la visibilità” afferma Maura Gancitano. Sulle piattaforme digitali, relazioni personali, economia di mercato e politica si intrecciano a tal punto da penalizzare la riflessione rendendola superficiale e sterile. Facilmente gli influencer diventano un brand rischiando che l’urgenza di comunicare si trasformi in un prodotto di mercato. Gli influencer sono centri di potere con un’enorme responsabilità perché vengono ascoltati da moltissime persone. Gli attivisti vengono giudicati per il numero di follower e questo offusca il messaggio che intendono trasmettere. Per la scrittrice l’attivismo dovrebbe superare la nostra individualità, allo stesso modo in cui lo dovrebbe fare chi è parte di questi organi di comunicazione. I social dovrebbero essere uno stimolo per la creazione di momenti di incontro in luoghi fisici.

Al contrario, per Cristina Morales “l’attivismo si fa con il corpo” e non tutte le lotte richiedono gli stessi strumenti. In alcuni casi i social diventano pericolosi per gli attivisti, fornendo informazioni che potrebbero compromettere il loro operato. L’attaccamento ai social può essere rischioso, rendendo sottile il filo che divide la liberazione dall’assoggettamento. L’autrice disapprova che gli scrittori vengano valutati in base alla loro visibilità sui social.

Spesso non ci si rende conto di quanto siamo esposti e pubblici in rete. La riflessione scaturita da questo incontro rivaluta i mezzi di comunicazione tradizionali e pone come obiettivo un’integrazione tra le varie modalità cercando di sfruttarle al meglio per ottenere il risultato ottimale.

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