9 maggio, Cronache, Salone del Libro 2024

Annabelle Hirsch e la silenziosa storia delle donne


Sara Ramello, Rachele Lazzari

Liceo Alfieri - Torino

“Una storia delle donne in 100 oggetti”: questo è il titolo dell’ultimo libro della giornalista Annabelle Hirsch edito da Corbaccio, presentato al Palco Live del Salone Internazionale del Libro nella sua giornata di apertura. A dialogare con l’autrice è presente Carlotta Sanzogni, che per iniziare le pone la domanda che ognuno di noi ha in mente: perché affidare a 100 oggetti la narrazione di una prospettiva femminile della Storia europea? Ciò che Hirsch ha voluto fare in questo libro è stato aggiungere alla concezione epica ed eroica della Storia, da sempre affidata al punto di vista maschile, gli elementi della sfera intima e privata, culturalmente considerati appannaggio femminile. Di questi ultimi l’autrice rivendica l’importanza e si serve degli oggetti per “passeggiare” attraverso temi quali la sessualità, l’amore, il rapporto con il potere e l’arte. Durante il dialogo ne vengono descritti alcuni, ognuno con la propria simbologia. Il legame degli oggetti con la storia delle donne è talvolta più ovvio, come nel caso del distintivo per la giornata internazionale delle donne, che l’autrice ha legato alla lotta che le suffragette hanno compiuto per prendere e occupare spazio nel contesto sociale, o dello spillone per capelli, utilizzato come arma di difesa dalle donne che per prime hanno iniziato a frequentare le strade. In altri casi l’oggetto appare del tutto astratto dalla condizione femminile e il collegamento che Hirsch trova risulta tanto inaspettato quanto curioso, costituendo un necessario spunto di riflessione. È il caso del primo “oggetto” riportato dalla giornalista, ossia “osso femorale guarito” risalente al 30.000 a.C., indice della presenza del lavoro di cura di cui le donne sono sempre state le principali responsabili, consentendo di fatto la sopravvivenza del genere umano. Un altro oggetto singolare è il bidet, che l’autrice riporta al periodo storico del “libertinaggio” francese in cui le donne hanno vissuto una fase di liberazione sessuale credendo che il lavaggio costituisse un metodo contraccettivo. Annabelle Hirsch fa una riflessione in merito alla necessità di un cambiamento della concezione di Storia, studiata nel Diciannovesimo secolo da uomini e per gli uomini, per cui sono state poste come condizioni naturali quelle che erano (e sono) luoghi comuni e discriminazioni proprie della società patriarcale. L’autrice auspica una rivoluzione del modo in cui si guarda alla Storia umana e al ruolo che le donne hanno rivestito in essa, a partire dalla preistoria, per rendere possibile un cambiamento concreto nel presente. 

Tra gli ultimi oggetti citati nel libro c’è anche il cellulare, che diventa occasione per parlare del cosiddetto “phone gap”: secondo alcuni studi, risulta che ad oggi i possessori di cellulari siano perlopiù uomini, il che rappresenta un ulteriore livello di discriminazione di genere. Il cellulare può essere considerato come una vera e propria “finestra sul mondo” e quindi strumento di emancipazione, oltre che mezzo di difesa, e questa ulteriore disparità tra uomini e donne è indicativa. Un altro improbabile cimelio appartenente all’arco temporale più recente è l’anello di Kim Kardashian, rubatole a Parigi durante una rapina nel 2016. A partire da questo Hirsch e Sanzogni hanno riflettuto sul tema dello spietato giudizio cui le donne sono sottoposte dalla nostra società una volta che occupino uno spazio pubblico. A una donna sicura e sfrontata come Kardashian si richiedono maggior discrezione e pudore (“Altrimenti certe cose te le devi aspettare!”), mentre, come notano le relatrici, a una donna come Elena Ferrante, autrice di romanzi di grande successo che ha sempre preferito rimanere anonima, si chiede di svelare la sua identità e la si biasima di non frequentare la sfera pubblica. “Insomma, la donna come fa sbaglia!” osserva Carlotta Sanzogni: nello spazio pubblico una donna non può avere il controllo della sua immagine e della percezione che gli altri ne hanno, rivelando così un’ulteriore sfumatura della violenza di genere.

Come si sottolinea in conclusione i passi da fare verso la libertà femminile sono ancora molti, ma questo libro può rappresentare un buon modo per riflettere su quanto la narrazione attuale della storia, ma anche della letteratura e della filosofia, sia fortemente orientata verso una mentalità maschile e maschilista. Un primo modo per fare qualche passo nella giusta direzione potrebbe essere proprio cambiare prospettiva senza scadere nella facile retorica celebrativa delle donne forti ed eroiche, assecondando la narrazione epica della storia, ma lasciando spazio all’esistenza delle donne e al loro incessante lavoro nella sfera privata.

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