Negli ultimi tempi l’attenzione mediatica è totalmente rivolta alla guerra in Ucraina, ma lunedì, al Salone del Libro, l’incontro “Afghanistan: passato, presente, futuro” ci ha ricordato che la situazione del paese, nuovamente in mano ai talebani, si aggrava giorno dopo giorno anche se gli aggiornamenti sulla vicenda non fanno più notizia. Enaiatollah Akbari e Alidad Shiri, intervistati da Fabio Geda, hanno parlato delle condizioni di vita degli afghani, in particolare delle afghane, in seguito alla partenza degli Americani il 31 agosto 2021: le donne sono tornate a vivere come vent’anni fa, non possono lavorare, studiare, uscire da sole, sono obbligate ad indossare il burqa, non sono nemmeno chiamate con il loro nome, ma in base al loro legame con un un uomo della famiglia. L’occupazione occidentale aveva portato diritti e libertà, come il voto o la possibilità di studiare. Molte volte questi, però, non erano effettivamente assicurati, ad esempio, chi aveva il dito macchiato d’inchiostro per aver appena espresso il proprio voto sulla scheda, se scoperto da un talebano, rischiava l’amputazione della mano. Non bisogna, quindi, limitarsi a parlare di questo problema, ma agire concretamente: favorire i corridoi umanitari, collaborare per l’integrazione dei rifugiati sul nostro territorio, spesso isolati, e soprattutto non dimenticarsi di ciò che è accaduto e sta ancora accadendo.