Noi ragazzi abbiamo scritto alcune nostre congetture sul tema del libro solo guardando la copertina
Adotta uno scrittore, Adotta uno scrittore 2025, Laboratorio

Racconti con Bussola


Artenisa Elezi, Trisha Oni, Marika Donadio, Nadia Ed Dandaoui, Alondra Rodoreda, Francesca Ferro, Michelle Radogna, Denis Ojog, Aya Chakiri, Yingying Zhu, Manuel Fico, Gabriel Fontana

IIS J. B. Beccari - Torino

L’autore Matteo Bussola durante il 2^ incontro ci ha proposto di scrivere utilizzando la tecnica della narrazione dal punto di vista di un oggetto. Noi l’abbiamo applicata al suo romanzo. Esso ha come protagonisti adolescenti ricoverati in un reparto di neuropsichiatria che intessono relazioni originali e complesse con oggetti e persone. Abbiamo scritto una storia in cui la voce narrante è un oggetto di uno dei personaggi del libro.

 

Il DIARIO DI CAETANO

Sono un diario, ma non uno qualsiasi. Sono il diario di un padre che giorno dopo giorno si rifugia in me per esprimere i suoi pensieri più profondi e disordinati.
Il mio proprietario è un uomo che ha un figlio nel reparto di neuropsichiatria.
Un padre che, nonostante il peso delle sue preoccupazioni, cerca di mantenere vivo quel legame speciale che aveva con suo figlio da quando era piccolo.
Quando lo guardo scrivere su di me non posso fare a meno di sentire il suo amore immenso e la sua frustrazione che scorrono tra le pagine.
Mi trovo nella sua stanza, però nascosto nella borsa del mio proprietario, pronto ad accogliere ogni pensiero che lui sente il bisogno di liberare.
Si sfoga con me come se fossi il suo unico confidente, l’unico posto dove non ha paura di rivelare ciò che davvero sente, di mettere ordine tra le sue emozioni.
Non è facile per lui, ma è come se le pagine che mi compongono gli permettano di fare un passo avanti e di non sentirsi così solo in tutto questo.
Mi sento quasi parte di quel legame che ancora non vuole spezzarsi, nonostante la distanza che la malattia ha creato tra loro.
Quando lui scrive il modo in cui ha cercato di mantenere viva quella relazione, anche tra le difficoltà, io mi sento utile.
Sono testimone del suo desiderio di essere il padre che suo figlio ha sempre conosciuto nonostante tutto.
Lui mi guarda spesso, come se cercasse conforto nelle mie parole, come se fossero un piccolo segno che il suo impegno sta dando frutto.
È questo che mi fa sentire veramente importante: non solo sono un oggetto ma una sorta di compagno di viaggio in questo percorso doloroso e al tempo stesso pieno d’amore. Io con ogni parola scritta, mi faccio testimone di un padre che non si arrende, che non rinuncia a sua figlio e che cerca di mantenere viva la speranza.

LA LAMETTA PER MARIKA

Mi trovavo attaccata a un temperino dentro l’astuccio rosa di Marika prima che lei decidesse di separarmi dalla mia custodia.
Non ne ho mai capito il motivo, ma ora che mi trovo in fondo a un cestino ricoperto di sangue riesco a capirlo. Marika è stata ricoverata in neuro-psichiatria a causa mia. Ora riesco a capire perché nei momenti di sconforto mi prendeva e mi utilizzava sulla pelle, tanto da andare a incidere una frase di una poesia “Whoever is loved knows no death.
Quando mi prese per la prima volta e mi sollevò, le sue dita tremavano, io lo sentivo che non era odio ma bensì stanchezza. Un dolore che non trova parole.
Sono nata per temperare le matite, non ho mai voluto fare del male a nessuno; ho sempre pensato che se fossi stato un altro oggetto come magari una penna…Marika avrebbe potuto riversare il suo dolore scrivendo ed è per questo che avrei tanto voluto essere una penna per trascrivere ciò che lei non riesce a dire.
Purtroppo sono solo una lametta e spero sempre che un giorno mi rimetta nella mia custodia e non mi utilizzi più in questo modo.
Penso di non essere la soluzione ai suoi problemi, ma oggi per Marika lo sono stata e il dolore, quello vero, adesso non è più solo dentro.

 

IL CELLULARE DI CAETANO

Ciao! Sono il telefono di Caetano e molto spesso mi ritrovo a stare un sacco di tempo nella tasca dei suoi pantaloni. Ultimamente il mio padrone mi utilizza davvero molto poco, solitamente, per chiamare e scrivere a sua moglie Grazia riguardo a Tommaso. Quando esco da quel piccolo spazio soffocante, vedo sempre questi lunghi corridoi bianchi e vuoti colmi di tristezza. Pieno di nostalgia, prima di tornare in tasca, osservo Tommaso ripensando a tutte le sue foto da piccolo, di cui sono pieno, che mi infondono tristezza. Oramai il piccolino è cresciuto e l’unica foto di lui del presente mi fa sperare in un futuro cristallino come l’acqua della sua amata piscina.

 

LA CONCHIGLIA ROSA

 Sono una conchiglia rosa, non sono un semplice oggetto trovato sulla spiaggia, ma sono in un letto.
Ho una forma curva come un vortice di mare cristallizzato e brillo di un rosa intenso, quasi fluorescente.
OPS! MA SONO I MIEI CAPELLI
Non sono una conchiglia che si avvicina all’orecchio per far sentire il rumore delle onde, ma fa sentire il battito del cuore BUM…BUM…BUM…BUM.
Questo rumore trasmette amore a un bambino il cui il cuore è spezzato, come il mio.
IO SONO LA CONCHIGLIA ROSA,SONO EVA

 

LE CARTE DA GIOCO DI NICHOLAS

Stiamo qui, nel cassetto accanto al letto di Nicholas che si trova nella prima stanza all’inizio del corridoio. Siamo un mazzo un po’ rovinato: alcune carte sono piegate, altre, invece hanno i bordi consumati, ma lui ci tiene lo stesso ed ogni sera ci tira fuori, anche solo per mescolarci tra le mani, in base al colore, all’ordine numerico o, certe volte, a caso.
Spesso ci guarda come se dovessimo parlargli, ed altre volte, invece, ci lancia contro il muro, soprattutto per sfogarsi un po’, ma poi ci raccoglie sempre.
Nicholas non parla tanto. A volte ride, ma spesso sta zitto. Noi, però, ci siamo sempre. Ci ha portate da casa, forse per avere qualcosa che gli ricordi chi è, fuori da queste mura.
Qualche giorno fa, Nicholas stava giocando con una ragazza e le ha fatto pescare una carta. Si sono scambiati uno sguardo, ma nient’altro. Da allora ci tocca meno, come se non avesse più bisogno di noi allo stesso modo, ma va bene così.
Se lui sta meglio, anche senza di noi, allora siamo contente.

 

 

 

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